N.1 - L'istuzione riparte”, il decreto legge sulla scuola e tante perplessità

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“L’istruzione riparte” è il nome divulgativo dato al decreto-legge in tre capitoli e 28 articoli su scuola università e ricerca, varato dal Consiglio dei Ministri il 9 settembre scorso, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale (DL n. 104/2013) e già in vigore.

Intendiamo iniziare il nuovo anno scolastico ancora una volta sorpresi per un lavoro, quello dell’insegnante, che ci porta a contatto con le domande decisive sulla vita dei nostri alunni e dei protagonisti della cultura del passato. Ogni aspetto dell’umanità ci interessa e per questo non siamo assenti rispetto al progetto di scuola di questo governo, che leggiamo con attenzione critica.

In attesa di esaminare con attenzione il testo definitivo del decreto, non possiamo che rifarci al comunicato ufficiale del MIUR (qui il link) che elenca le misure del pacchetto di norme volto «a garantire un avvio sereno del nuovo anno scolastico e accademico», ma anche a «gettare le basi per la scuola e l’università del futuro, restituendo ai settori della formazione centralità e risorse». E proprio da qui che vogliamo cominciare perché è innegabile che, seppure con tantissima parsimonia dati i tempi che corrono, il decreto mette sul piatto nuove risorse per 400 mln di euro a regime (dal 2016). Pochi spiccioli per essere un vero rilancio dell’istruzione nel nostro Paese, ma comunque una tangibile inversione di tendenza. Tuttavia, accanto a questo aspetto indubbiamente positivo, c’è qualcosa di più profondo che a nostro parere desta seria preoccupazione. Ma entriamo più nel dettaglio, seguendo proprio il comunicato del MIUR.

Dei 136 mln di euro stanziati per il “welfare dello studente”, università batte scuola 106 mln a 30. La quota per gli studenti universitari va tutta in borse di studio (6 mln sono per l’AFAM), mentre per gli studenti di medie e superiori la cifra viene ripartita in 15 mln per finanziare interventi di sostegno a “capaci e meritevoli” «per coprire spese di trasporto e ristorazione» e altri 15 per la diffusione nelle scuole secondarie della connettività wireless al fine di facilitare agli studenti l’accesso gratuito ai materiali didattici digitali. Seguono poi interventi sui libri di testo: finanziamenti per l’acquisto di testi da dare in comodato gratuito e la possibilità per quest’anno di utilizzare anche le vecchie edizioni; 15 mln di euro per la lotta alla dispersione scolastica da realizzare attraverso programmi mirati per gruppi di allievi, prolungamenti d’orario e scuole sempre aperte, con una «attenzione particolare alla scuola primaria»; 6,6 mln stanziati per «potenziare da subito l’orientamento degli studenti della scuola secondaria di secondo grado» a partire dal quarto anno.

Su quest’ultimo obiettivo saranno impegnati obbligatoriamente tutti i docenti, essendo considerate quelle relative all’orientamento «attività funzionali all’insegnamento non aggiuntive» dell’orario di servizio (in sostanza, le 80 ore contrattuali); l’eccedenza rispetto alle ore obbligatorie contrattuali sarà pagata con il Fondo dell’Istituzione Scolastica (FIS).

C’è poi il capitolo “fumo”: il divieto diventa totale anche per le aree all’aperto di pertinenza delle scuole (cortili) e si estende anche alle sigarette elettroniche (ma solo al chiuso…). Sicuramente lodevoli gli interventi sull’edilizia scolastica, peraltro annunciati da tempo, ma deludenti quelli sul potenziamento dell’offerta formativa che si limitano ad introdurre un’ora di geografia nel primo biennio degli istituti tecnici e professionali, a finanziare (3 mnl di euro) progetti didattici museali e a dirottare parte dei già magri fondi per la formazione della legge n. 440/97 vincolandoli «alla creazione o al rinnovamento di laboratori scientifico-tecnologici che utilizzano materiali innovativi».

Un insieme di interventi che, a ben guardare, sottendono e quindi confermano una tendenza in atto da diversi anni a fare della scuola espressione di una funzione sociale, piuttosto che luogo di insegnamento e di apprendimento e, in definitiva, di trasmissione di una cultura. Lo stesso piano triennale di immissioni in ruolo che prevede l’assunzione di 69mila docenti entro il 2015/2016, dei quali oltre 26mila solo sul sostegno (che a regime impegneranno una buona fetta dei 400 mln di euro del decreto), non fa altro che rafforzare la percezione di una “scuola del futuro” fortemente sbilanciata verso l’assistenzialismo e la funzione sociale protettiva. Una scuola che, stabilisce il decreto, sarà gestita da dirigenti scolastici che verranno selezionati e formati centralmente dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione: più burocrati e gestori che dirigenti e coordinatori didattici.

Accanto al piano di assunzioni il decreto stanzia per il prossimo anno 10 mln di euro per la formazione del personale, con particolare attenzione al «rafforzamento delle competenze digitali degli insegnanti, della formazione in materia di percorsi scuola-lavoro» e il potenziamento della preparazione degli studenti nelle aree a rischio. Altri 10 mln sono preventivati per consentire «l’accesso gratuito del personale docente di ruolo della scuola nei musei statali e nei siti di interesse archeologico, storico e culturale».

I tre perni attorno ai quali ruota il decreto sono: digitalizzazione, assunzione dei precari e formazione dei docenti. Gli interventi che riguardano il primo (vedi wireless, libri digitali, scuole aperte, ecc.) appaiono opportuni, utili, ma restano nel quadro di logiche ormai consuete. Mentre pare emergere sempre di più un’idea di scuola come una specie di “piazza dell’informazione” più o meno gratuita, non c’è ancora alcun segnale in direzione di una valorizzazione della responsabilità della scuola autonoma e delle professionalità, che pure lì ci sono. Quanto al secondo, si privilegia l’assunzione degli insegnanti di sostegno (senza per carità nulla obiettare sulla messa in ruolo degli altri), segno che la scuola è intesa come risposta al disagio sociale, anche nelle modalità di reclutamento. Un nuovo sistema è lontano da venire; per ora si pensa a svuotare le graduatorie. Riguardo alla formazione sarà opportuno considerare attentamente quanto del FIS verrà effettivamente decurtato per tali fini e di quanto sarà ridotto il budget della legge 440 per la formazione in generale.

Per ora ci limitiamo alle informazioni contenute nel comunicato, ma ritorneremo sul testo del decreto e, soprattutto, sulla Relazione tecnica che lo accompagna.