N.2 - La istruzione riparte”. Sì, a tutta birra…

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Molta enfasi è stata data a questo decreto del Governo: inversione di tendenza, si è detto. Come avevamo promesso, proviamo a leggere i numeri; l’esame della Relazione tecnica mostra alcuni aspetti significativi delle scelte operate nella stesura del DL n. 104/2013 su scuola, università e ricerca.

Il fabbisogno in termini di risorse “fresche” per soddisfare i diversi oneri derivanti dalle nuove disposizioni, quantificato al comma 2 dell’art. 27 del decreto-legge, è «pari a 13 milioni di euro per l'anno 2013, a 326,256 milioni di euro per l'anno 2014, a 450,094 milioni di euro per l'anno 2015 e a 471,545 milioni di euro per l'anno 2016, a 473,545 milioni di euro per l'anno 2017 e 475,545 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019». La parte più sostanziosa del budget annuale è destinata, quindi, al personale, in particolare alle assunzioni di 26.684 nuovi docenti di sostegno che, quantifica la Relazione tecnica, raggiungeranno stabilmente le 90mila unità di ruolo entro il 2016. Si tratta di cifre davvero consistenti, che crescono progressivamente man mano che si incrementa il numero delle assunzioni, dai 21,77 mln di euro nel 2014, agli 83,32 nel 2015 fino ai 115,53 mln del 2016, per poi stabilizzarsi a 107,98 mln a partire dal 2017 (a ricostruzione delle carriere conclusa).

Altra voce di spesa rilevante è quella riguardante il personale inidoneo all’insegnamento in modo permanente. L’effetto di quanto stabilito all’art. 15, comma 4, del decreto comporta il venir meno di risparmi preventivati dalla norma parzialmente abrogata (l’art. 14, c. 13, della legge n. 135/2012 ne prevedeva il passaggio coatto ai ruoli ATA), con un saldo negativo pari a 94,65 mln di euro, da recuperare ogni anno a partire dal 2014. In sostanza, a regime quasi la metà del budget se ne va per nuovi e vecchi stipendi del personale docente; avremmo preferito che, invertendo davvero le tendenze, si fosse dato un segnale nuovo provando a destinare qualche soldo ai docenti per valorizzarne impegno e merito.

Se aggiungiamo i 100 mln di euro che vengono stanziati in modo permanente a partire dal 2014 per le borse di studio degli studenti universitari e i 42,2 mln destinati all’edilizia scolastica dal 2015 in poi, agli altri interventi, peraltro quasi tutti concentrati “una tantum” nel 2014, per la scuola restano davvero. La scheda sintetica che abbiamo redatto in base alla Relazione tecnica (qui il link) mostra chiaramente quanto sopra e offre diversi spunti di riflessione sulle scelte operate nel decreto, confermando i giudizi già espressi nel nostro editoriale del 16 settembre scorso (qui il link).

È bene a questo punto ricordare che i «26.264 docenti normali, 1.608 docenti di sostegno, 13.400 ATA» dei quali la Relazione tecnica prevede l’assunzione nel triennio 2014-2016 non costituiscono una spesa da imputare a questo decreto in quanto si tratta di «assunzioni su posti di organico occupati nell’a.s. 2013/2014 da personale a tempo indeterminato che si renderanno liberi nell’arco del triennio» a seguito di pensionamenti e che quindi non producono «effetti per le finanze pubbliche rispetto ai saldi già programmati». A parte la costatazione che il numero di posti “normali” messi a ruolo è inferiore a quello dei nuovi posti sul sostegno (senza contare che ne sono previsti altri 1.608 ordinari), resta la domanda sul perché dell’inserimento nel decreto di queste “informazioni”, visto che, proprio in quanto ordinarie «facoltà assunzionali a legislazione vigente», non necessitano di nuove coperture finanziarie.

La copertura degli oneri quantificati al comma 2 dell’art. 27 verrà solo in minima parte da risparmi, dovuti peraltro a minori spese per le indennità di disoccupazione relative ai mesi estivi dei docenti precari di sostegno progressivamente immessi in ruolo, e da lievi riduzioni a stanziamenti già assegnati. Con percentuali decrescenti dal 2014 in avanti, le principali fonti di finanziamento per la copertura della “ripartenza” di scuola e università verranno da nuove tasse, applicate in parte già dal prossimo ottobre. E così apprendiamo che, oltre all’incremento del 16% delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, i soldi verranno dall’aumento delle accise su birra e alcolici: una buona bevuta di birra… per rilanciare la scuola.