N.3 - Con il DL sulla scuola orientamento e aggiornamento diventano obbligatori

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Anche se con l’evoluzione della crisi politica la conversione in legge del provvedimento è sempre più a rischio, proseguiamo l’analisi del DL n. 104/2013 su scuola, università e ricerca (leggi qui il decreto), andando a vedere nel dettaglio cosa cambia negli obblighi di servizio dei docenti ancor prima di una revisione del contratto nazionale di lavoro.

Lo scopo dichiarato delle disposizioni contenute nell’art. 8 del decreto-legge è quello di inserire strutturalmente percorsi di orientamento post-diploma negli ultimi anni della secondaria di II grado «al fine di facilitare una scelta consapevole del percorso di studio e di favorire la conoscenza delle opportunità e degli sbocchi occupazionali per gli studenti» già dall’anno scolastico corrente. A questo scopo vengono introdotte alcune modifiche al dlgs n. 21/2008, dedicato alla «realizzazione dei percorsi di orientamento finalizzati alla scelta dei corsi di laurea universitari» e AFAM (lo stesso decreto che conteneva la disposizione sul “bonus maturità” ora abrogata). La modifica più significativa riguarda il personale docente: «le attività inerenti ai percorsi di orientamento sono ricomprese tra le attività funzionali all'insegnamento non aggiuntive e riguardano l'intero corpo docente»; sono pertanto obbligatorie per tutti i docenti dell’istituto e non vengono retribuite aggiuntivamente, a meno che non venga superato il limite delle 80 ore annuali previsto complessivamente dall’art. 29 del CCNL per tutte le attività funzionali all’insegnamento (disposizione che peraltro, in tal modo viene sostanzialmente modificata al di fuori della usuale procedura contrattuale). In caso di sforamento il DL prevede che «ove siano necessarie attività ulteriori, che eccedano l'orario d'obbligo, queste possono essere remunerate con il Fondo delle istituzioni scolastiche» definito nella contrattazione d’istituto (ma il FIS, che le scuole hanno già visto ridursi di anno in anno, non è un pozzo senza fondo…).

Il nuovo orientamento, rigorosamente rivolto solo a «favorire una maggiore consapevolezza nella scelta del percorso di studio» universitario e una «migliore conoscenza delle opportunità e degli sbocchi occupazionali» post-laurea (dalla Relazione illustrativa del DL), sarà finanziato con 1,3 mln di euro nel 2013 e 5 mln a partire dal 2014, ma solo «quale contributo per le spese di organizzazione e programmazione delle attività»; in altri termini, quei fondi non potranno essere utilizzati per i docenti, ma serviranno per finanziare interventi esterni da parte di università, «altre istituzioni, enti, associazioni, imprese, rappresentanze del mondo del lavoro e delle professioni» (dlgs n. 21/2008, art. 2, comma 3) e anche «camere di commercio e agenzie per il lavoro». Alle scuole è fatto obbligo di inserire le attività programmate nel POF e nel proprio sito web.

In attesa di avviare le trattative per il rinnovo della sola parte normativa del contratto di lavoro, decisamente a rischio se il Paese precipita in una crisi politica al buio, il Governo stanzia 10 mln di euro per la formazione del personale scolastico (art. 16, comma 1). Lo scopo è quello sia di «potenziare le capacità organizzative del personale scolastico» che produrre un miglior rendimento della didattica, soprattutto nelle “zone a rischio” e in quelle realtà dove «i risultati dei test di valutazione sono meno soddisfacenti». Ma così viene di fatto a configurarsi una sorta di valutazione indiretta dei docenti sulla base delle prove Invalsi, un criterio valutativo della professionalità docente tanto discutibile quanto approssimativo. Visto poi il clima di “sospetto” che su quelle prove serpeggia all’interno delle nostre scuole, non pare proprio una scelta che possa far bene sia alle prove stesse che all'avvio del Sistema Nazionale di Valutazione.

L’attività di formazione, obbligatoria per tutto il personale, riguarderà le modalità di «rafforzamento delle conoscenze e delle competenze» degli alunni più deboli, «l’aumento delle capacità nella gestione e programmazione dei sistemi scolastici» e delle competenze riguardanti «processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica», l’alternanza scuola-lavoro, laddove prevista dagli ordinamenti. Un apposito decreto definirà le modalità organizzative e di gestione delle attività formative, che potranno essere svolte «anche attraverso convenzioni con le università statali e non statali»; e solo con queste. Evidentemente, gli estensori del DL ritengono che gli atenei siano gli unici depositari di una cultura formativa adeguata, in ossequio ad una sorta di “aristocratico” preconcetto, caro al dirigismo ministeriale, secondo il quale ad operare nell'ambito della formazione degli insegnanti può essere solo l'università, anche se questa, in rapporto alla scuola, è spesso allo sbando come ampiamente dimostrato nella pessima performance sul TFA, e non solo. Nessuno spazio è “concesso” alla scuola attiva e alle sue reti, alle associazioni professionali che in essa operano e realizzano percorsi innovativi; quasi fossero incapaci di elaborazione culturale e perciò da relegare a semplici “distributori” di un sapere prodotto altrove, con tecniche didattiche pianificate dal altri.

Altri 10 mln di euro sono stati stanziati per una sorta di formazione indiretta – questa volta non obbligatoria –, finanziata solo per un anno (2014). Sono destinati a permettere l’accesso gratuito del personale docente ai musei statali e ai siti archeologici, storici e culturali gestiti dallo Stato; la norma ha natura “sperimentale” e gli accessi saranno monitorati «al fine di eventuali interventi per gli esercizi successivi». La domanda da porsi è: a quanti gioverà questa “facilitazione”?

I sindacati vedono sia la norma sulle 80 ore che quella sulla formazione obbligatoria decisa per decreto come indebite incursioni nel campo contrattuale. Ma è soprattutto il dirigismo ministeriale chiaramente presente nelle disposizioni che, alla lunga, armerà la reazione della scuola; soprattutto degli insegnanti i quali da una parte vedono sempre più aumentare il carico di lavoro senza contropartita economica e, dall’altra, si sentono sempre più colpiti nella propria autonomia professionale, sviliti a figure di banali esecutori privi di cultura propria. E non aiuta certo ad incrementare la loro autostima la disposizione contenuta nell’art. 5 del DL riguardante il potenziamento dell’offerta formativa, che vede dirottare i già pochi spiccioli della legge n. 440/97 destinati alla formazione gestita autonomamente dalle scuole «al finanziamento di progetti volti alla costituzione e all’aggiornamento, presso le istituzioni scolastiche statali, di laboratori scientifico-tecnologici che utilizzano materiali innovativi» (finanziamenti strumentali impropriamente spostati verso investimenti strutturali…).