N.6 - Dalle buone intenzioni alla legge di stabilità

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Dalle proposte del Documento di economia e finanza 2013 alla realtà della legge finanziaria per il 2014: a distanza di meno di un mese il Governo sulla scuola smentisce se stesso.

Il Documento di economia e finanza 2013 (qui il link), pubblicato dal Governo il 20 settembre scorso, afferma che i dati riferiti al secondo trimestre dell’anno «suggeriscono una graduale stabilizzazione del ciclo economico»; occorre perciò proseguire gli sforzi per rafforzare tale inversione di tendenza e «porre le basi per una crescita solida e sostenibile per il futuro». Ma avverte che «qualsiasi intervento futuro può essere percorribile solo se inserito in un quadro di sostenibilità delle finanze pubbliche», in sostanza pareggio di bilancio in termini strutturali e pieno rispetto degli impegni europei. Tra le scelte strategiche il Def assegna un ruolo sostanziale alla valorizzazione del capitale umano del Paese, che «si può raggiungere solo con un sistema d’istruzione qualitativamente migliore». Il documento riconosce che sviluppo dell’autonomia scolastica e «valorizzazione del personale della scuola» possono incidere positivamente in tale direzione, perciò propone una serie di percorsi: la creazione di «un vero organico funzionale» come strumento di flessibilità del sistema, la ridefinizione dell’organizzazione del lavoro nella scuola per migliorarne l’azione educativa e il sostegno finanziario all’autonomia scolastica nelle scelte rivolte a «strumenti e tecnologie innovative». Quanto alla valorizzazione dei docenti il Def sostiene che potrà avvenire attraverso tre passaggi fondamentali:

  • una nuova formazione iniziale, nella quale «occorre promuovere ed accompagnare la trasformazione del ‘ruolo’ dell’insegnante da depositario dei contenuti (che ormai hanno collocazione diffusa, ma soprattutto nel web) a mentore, sia in aula che nel corso di programmi che prevedono l’alternanza scuola-lavoro»; in sostanza, una sorta di “facilitatore” (?!);
  • una nuova forma di reclutamento capace di «assicurare una selezione di alto profilo»; ancora però tutta da delineare;
  • una nuova modalità di sviluppo della carriera «con l’avvio di un sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato ad una progressione di carriera, svincolata dalla mera anzianità di servizio»; una scelta sicuramente innovativa per il panorama italiano e attesa da almeno sette insegnanti su dieci; resta l’indeterminazione del “come”, sia sul piano delle modalità di valutazione, sia delle risorse.

Si tratta evidentemente di dichiarazioni d’intenti, che dovranno trovare concretizzazione in ipotesi legislative ancora in fase di elaborazione e che, ci auguriamo, possano scaturire da un serio confronto anche con le realtà associative professionali.

Per il momento, però, queste restano soltanto generiche espressioni di volontà, visto che il primo atto normativo importante, il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria per il 2014, blocca qualsiasi aspettativa per la scuola. Sotto il cappello della “razionalizzazione della spesa nel pubblico impiego” la bozza della legge di stabilità per il 2014, varata dal Governo il 15 settembre scorso, stabilisce norme che disattendono puntualmente – nell’immediato e anche i prospettiva per i prossimi anni – tutte e tre le ipotesi di sviluppo indicate nel Def 2013: anche la scuola dovrà dare (ancora…) il suo contributo alla revisione della spesa pubblica. L’art. 11 conferma infatti il blocco della contrattazione (sia nazionale che integrativa) e della progressione stipendiale dei dipendenti fino a tutto il 2014, come era stato deciso dal Consiglio dei Ministri ai primi di agosto. Viene cioè esteso fino al 31 dicembre 2014 il blocco dei rinnovi contrattuali e degli scatti di anzianità disposto con la legge n. 122/2010, ma solo per la parte economica; il DPEF precisa infatti che sono consentite le procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014, ma per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica.

Accanto ad una rimodulazione ed estensione temporale del blocco del turn-over (che però non sembra interessare la scuola), per gli anni dal 2015 al 2017 viene “congelata” al valore in godimento nel 2013 l’indennità di vacanza contrattuale da computare quale anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all’atto del rinnovo contrattuale. In concreto, questo vuol dire che i benefici economici di un eventuale nuovo contratto si vedranno soltanto a partire dal 2018, allungando nei fatti la fase di blocco. Quanti nel frattempo andranno in pensione (e non sono certo pochi, vista l’anzianità del corpo docente) si troveranno con una pensione ferma ai livelli attuali. Analoga conseguenza si avrà sulla liquidazione, che in più sarà erogata con sei mesi di ritardo rispetto ad oggi e liquidata in due o più rate annuali (il tetto massimo per la prima rata scende da 90 a 50mila euro lordi).

Ancora una volta la scuola si trova in prima linea a pagare il proprio pesante contributo, sia in termini economici che normativi. Le ipotesi formulate nel Def sono per ora andate totalmente deluse e, in particolare, quelle legate ad una progressione di carriera legata al merito. A proposito, se e quando si inizierà a discuterne in termini applicativi è di fondamentale importanza che non lo si faccia solo col sindacato, perché in questo caso sappiamo già come andrà a finire (gli ultimi tre contratti insegnano…).