N.10 - Istruzione e Formazione Professionale. Si vince ai punti

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A dieci anni dalla nascita dei percorsi IeFP (v. editoriale n. 37 del 10 giugno 2013), tre importanti associazioni hanno condiviso dieci punti per rilanciare il settore, raccolti in un appello denominato “Perché nessuno si perda”, presentato a Roma il 13 novembre scorso.

Senza descrivere in dettaglio le proposte (leggi qui il manifesto), i nodi principali, sottolineati anche nell’incontro di presentazione, sono essenzialmente due: la mancata stabilizzazione di questa offerta formativa come parte integrante del sistema educativo e gli abnormi squilibri territoriali.

Quanto al primo punto, il documento richiama con forza le norme vigenti, che riconoscono in capo agli studenti e alle loro famiglie il diritto di proseguire il proprio percorso formativo, una volta completato il primo ciclo, nei percorsi scolastici ovvero nei percorsi di IeFP. Assicurare l’esercizio di tale diritto richiede:

  • la definizione di meccanismi che garantiscano la qualità dell’offerta (per evitare che la IeFP “buona” subisca le conseguenze della formazione professionale “cattiva”, come ad esempio accade in Sicilia);
  • la stabilizzazione (prima ancora di un incremento, pur necessario) delle risorse finanziare dedicate;
  • la chiarificazione del quadro giuridico fiscale di riferimento per i soggetti erogatori.

A ben vedere, si tratta di richieste condivise anche dal mondo della parità, in termini di norme disattese e di ammodernamento del sistema educativo nazionale, diversificandone la gamma di percorsi e la tipologia di soggetti che li erogano, in un contesto di libertà di scelta.

Il secondo nodo, invece, costituisce una peculiarità propria della IeFP, dovuta alla competenza esclusiva in materia assegnata dalla Costituzione alle singole Regioni. Tale assetto istituzionale, se da un lato ha consentito ad alcune Regioni di sviluppare in termini qualitativi e quantitativi il proprio sistema di IeFP (dopo la licenza media ben il 18% dei ragazzi in Lombardia oggi sceglie questi percorsi), ottenendo inconfutabili risultati in termini di riduzione della dispersione scolastica e di occupabilità giovanile, simmetricamente ha permesso ad altre di non fare nulla, pur in presenza di risorse statali dedicate. Si tratta di un nodo centrale e drammatico, per la palese ingiustizia che queste differenziazioni territoriali introducono tra ragazzi residenti in regioni diverse.

I risultati ottenuti dalla IeFP, in termini formativi e occupazionali, sono ormai talmente evidenti che non si può non chiedersi i motivi della miopia che caratterizza le politiche formative di alcune Regioni, soprattutto di quelle maggiormente afflitte dai fenomeni della dispersione scolastica e della disoccupazione giovanile. Nel corso del convegno, in effetti, aleggiava il fantasma di numerosi convitati di pietra: le Regioni. Se presenti, probabilmente avrebbero dovuto rispondere del proprio (mancato) operato facendo emergere l’esistenza di un mai risolto pregiudizio negativo avverso tutto ciò che non è “istruzione scolastica statale”.

Nell’anno 2013 tocca ancora assistere costernati ad emendamenti concernenti l’introduzione dell’obbligo scolastico fino a diciotto anni, quando la realtà dei fatti ha già abbondantemente sconfessato l’efficacia di entrambi i termini della proposta (“obbligo” e “scolastico”) quale soluzione adeguata per le sempre più diversificate caratteristiche ed esigenze dei ragazzi. Su questo nodo, ha ragione chi afferma che esso non può essere risolto attraverso la riproposizione e il rafforzamento di norme cogenti, né mediante il (solo) incremento di risorse finanziarie (problema mai esistito, sul punto, nelle Regioni rimaste più inerti).

La proposta più pertinente su questo punto avanzata nel corso del dibattito è stata denominata “adotta una Regione!”, con la quale i promotori hanno richiesto al Ministero dell’Istruzione e al Ministero del Lavoro di valorizzare la loro proposta di mettere a disposizione la passione educativa ed il know how loro proprio, per costruire (o ricostruire ex novo) esperienze di IeFP nelle Regioni che oggi ne sono prive.

I due Ministeri, di fronte all’aggravarsi della disoccupazione giovanile e nell’anno della “Garanzia Giovani”, non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione offerta loro da soggetti del privato-sociale che – anziché prodursi in recriminazioni, o accontentarsi di quanto di buono già realizzato – si rimettono in gioco, candidandosi ad estendere in altre aree del Paese l’offerta di IeFP.