N.3 - Una buona scuola?

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Curiosità, interesse, aspettative, ma anche apprensione: queste le prime reazioni che ha suscitato nei docenti il documento La buona scuola. A noi pare che il testo abbia voluto intervenire su tutto (forse troppo?). Molte affermazioni sono ampiamente condivisibili; ad esempio che «compito specifico della professionalità […] è la relazione con lo studente»; altre suscitano perplessità. Su tutto, un grande interrogativo: fino a che punto i decreti attuativi consentiranno di realizzare le buone intenzioni?
Ci sembra che il primo passo da fare sia quello di leggere e analizzare il documento a partire dall’esperienza che come docenti facciamo, piuttosto che dipendere dalle letture che altri (sindacati, apparati, lobby…) faranno.

La grande emergenza è il precariato?
Il testo esordisce definendo il precariato come la grande emergenza. A noi pare invece che il primo vero bisogno sia quello educativo-formativo, accanto alle questioni economiche che ogni giorno le scuole devono affrontare. Il precariato è un problema, reale e serio: ma non certo il primo. A parte il fatto - non irrilevante - che rimarranno fuori dalle assunzioni oltre 80mila docenti già abilitati che non sono nelle GaE.
Così, come tutto da capire è il cosiddetto organico funzionale: funzionale a che cosa? Ai veri bisogni delle scuole o a qualcos’altro?

Punti di interesse
Tra i punti di attenzione del documento troviamo la formazione dei nuovi insegnanti: finalmente si delinea una laurea ah hoc, con tirocinio e abilitazione affidati esclusivamente alle scuole. Ma per il reclutamento si torna al concorso nazionale, ancora gestito centralmente; perché non puntare su concorsi per scuole o reti?
Notevole anche il voler «valorizzare i docenti che ritengono prioritario il miglioramento della qualità dell’insegnamento/apprendimento attraverso il lavoro in aula», così come l’intenzione di «rendere realmente obbligatoria la formazione, e disegnare un sistema di Crediti Formativi […] da legare alle possibilità di carriera»; a patto che non finisca per essere finalizzata soltanto a quest’ultima.
Rassicurante che «questa formazione obbligatoria non potrà essere calata dall’alto, ma dovrà essere definita a livello di Istituto», purché non sia la scuola a dettare tempi e modi della formazione e i docenti siano liberi di scegliere quella che ritengono a loro più utile. Proprio perché «la nuova formazione permanente […] dovrà essere mutata in un modello incentrato sulla formazione esperienziale tra colleghi» facendo leva sul «ruolo centrale dei docenti», sulla «valorizzazione delle associazioni professionali dei docenti» e sulla funzione cruciale riconosciuta agli «innovatori naturali», che dovranno «avere la possibilità di concentrarsi sulla formazione». Affermazioni per noi meritevoli di attenta considerazione, perché è quello che abbiamo sempre cercato di valorizzare, ed è ciò che la nostra associazione da tempo propone ne Le Botteghe dell’insegnare.

Criticità
Molti altri sono gli elementi di interesse (la valorizzazione dell’alternanza scuola lavoro, l’autonomia reale, ecc.), ma su tutti intravvediamo un limite: l’ingabbiamento di ogni azione innovativa in “regole”, progetti, elenchi di competenze, standard da rispettare, e così via. Ad esempio, si legge: «dobbiamo dire con chiarezza cosa ci aspettiamo dal corpo docente in termini di conoscenze, competenze, approcci didattici e pedagogici, per assicurare uniformità degli standard su tutto il territorio nazionale»; quando si parla di approcci didattici e pedagogici in termini di legge… la cosa ci preoccupa non poco.
E così, mentre questa potrebbe essere l’occasione per un cammino verso un sistema snello, che in una logica sussidiaria, riduca l’intervento dello Stato e valorizzi il protagonismo delle scuole, il rischio è che tanti proclami di libertà si accartoccino di fronte al ‘quadro italiano di competenze’ che – notiamo bene – permetterà lo scatto stipendiale! Che cosa significherà tutto questo?

In ogni caso la scuola è iniziata e di un fatto siamo certi: il senso del nostro insegnamento non dipende né da una legge né da un progetto di riforma, ma dalla consapevolezza dello scopo e dalla passione che portiamo: siamo insieme per aiutarci nella sfida quotidiana. È per questo che Diesse mette a disposizione schede esplicative, per favorire il personale giudizio sul documento del Governo (link). Chi volesse contribuire ad un lavoro comune, può inviare le proprie osservazioni, oltre che al sito della consultazione, anche all’indirizzo: segreteria@diesse.org (nell’oggetto dell’e-mail scrivere: "documento scuola").
Anche quest’anno ci ritroveremo a Bologna per la Convention 2014 di Diesse: il modo migliore per fare veramente una “buona scuola”.