N.16 - “Vivere in un ambiente educativo ...

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“Vivere in un ambiente educativo significa esercitare un rapporto con i ragazzi all’interno del quale si rende possibile una scoperta”

(C. Esposito, Convention Diesse 2014)


Riceviamo il contributo che segue e volentieri lo offriamo a tutti, perché mostra come da un atteggiamento umano nuovo nasce non solo una nuova modalità di rapporto, ma anche un modo originale e più efficace di affrontare le sfide che il lavoro in classe ci mette davanti quotidianamente.
Con l’augurio che Natale sia per tutti questa esperienza di una novità che entra a cambiare la trama delle circostanze di cui la vita di ciascuno è fatta.


Settimana scorsa sono stata invitata a pranzo da una ragazza di quarta liceo, classe in cui io non insegno, ma che ho conosciuta durante una gita scolastica in Spagna, nel settembre scorso: li avevo accompagnati a Granada, e mi sono stupita dell’affezione che è nata con alcuni di loro. Tanto che questa ragazzina un giorno mi dice: «Prof, dobbiamo andare a mangiare insieme perché io sono troppo negativa e lei è troppo ottimista: insieme funzioniamo». A queste parole ho preso la palla al balzo e ho fissato l’appuntamento il giorno dopo.
Nel breve dialogo durante il pasto scopro che è una ragazzina sola, con tanti desideri, proiettata al futuro, mentre sta appena sopportando il presente... Subito mi è venuto da aprirmi a lei e da fare paragoni personali sulla mia vita. Infatti lei mi diceva: «Prof, io non vedo l’ora di finire il liceo per andare a Londra a studiare con il mio ragazzo». E io replicavo: «Ma come puoi vivere così? Io non ce la farei a sopravvivere altri due anni e pensare solo al futuro». Poi le ho raccontato quello che stava succedendo a me. Infatti io a fine dicembre partirò per il Sud America dove andrò ad insegnare, ma certamente in questi mesi il mio desiderio era quello di vivere al cento per cento le mie giornate, intensamente, godermi ogni istante, e non sperare che passassero in fretta per partire. Questo dialogo con lei mi ha permesso di riflettere sul mio presente, su ciò che stavo vivendo io, per poter forse aiutare lei. La cosa più bella è stato il suo sguardo quando ci siamo lasciate, più lieto; ogni volta che la incontro per i corridoi viene ad abbracciarmi, tanto che un suo compagno stupendosi le ha anche detto: «Ma è solo una prof!»; e lei ha continuato ad abbracciarmi.

Ai colloqui con i genitori è venuta una mamma di un mio ex alunno, una classe che quest’anno non ho più, a causa della mia partenza. È entrata e mi ha detto: «Non dovrei venire da lei, ma ci tenevo. Volevo salutarla e dirle che è un lutto quest’anno». Poi è corsa via con le lacrime agli occhi. Questo fatto ha spalancato la domanda. Che cosa avrà visto in me questa mamma tanto da piangere così? Che mistero è il rapporto tra docenti e genitori! Mentre spesso dai docenti i genitori sono visti come l’ennesimo ostacolo da superare o faticoso lavoro da svolgere?

Qualche settimana fa un’alunna si è presa male con me. Ha deciso di fare la ribelle, di non ascoltare a lezione, non prendere appunti, non svolgere i compiti... E tutto ciò facendosi vedere dai compagni, in modo da mettere in mostra il suo atteggiamento. Io ero arrabbiatissima, non tolleravo questo atteggiamento in seconda liceo. Ero quindi già pronta appena mi fosse possibile a usare tutte le mie “armi”. Un giorno avevo due ore con loro e prima di entrare mi sono detta: «Se continua così oggi le do una nota e chiamo i suoi genitori e se non ha studiato le metto anche una bella insufficienza, perché così non si può andare avanti!». Sono entrata e la prima a stare male ero io, non mi corrispondeva tutto ciò che avevo pensato. E allora ho iniziato a renderla protagonista assoluta della lezione, interpellandola sempre, lodandola ad alta voce quando rispondeva correttamente, rispiegandole la regola grammaticale che non aveva voluto seguire nella lezione precedente, e seguendo le sue passioni le ho affidato un lavoro per la lezione successiva. Il risultato? Lei ha cambiato faccia e ora segue e io ho iniziato di nuovo a respirare!

Prof.ssa di spagnolo Letizia Grandi, Bologna