N.36 - Ddl-scuola: qualche suggerimento per non dover navigare a vista

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Sempre che alle dichiarazioni sulla volontà di ascoltare la voce della scuola seguano i fatti e non si vada all’ennesimo voto di fiducia, il ddl-scuola potrebbe trovare al Senato ulteriori aggiustamenti. I nostri suggerimenti.

Il termine per il deposito degli emendamenti dei senatori è stato fissato per le 14.00 del 1° giugno; la discussione in VII Commissione Istruzione inizierà il 3 in Commissione per poi approdare nell’Aula di palazzo Madama e concludersi col voto finale entro – si ipotizza – la prima decade di giugno. I tempi sono molto stretti.
Come in occasione dei lavori alla Camera, abbiamo voluto dare il nostro contributo affidando ai senatori alcuni emendamenti (leggi qui la nostra proposta). Ne vediamo qualcuno.

I nuovi poteri dei presidi sono una delle questioni più controverse e contestate del ddl. Come abbiamo già sottolineato nel comunicato del 23 maggio scorso (La nave è partita. Ora non navighiamo a vista!), la Camera ha già ridimensionato la “solitudine” decisionale del Capo d’istituto inizialmente prevista dal ddl, recuperando in più punti una corretta dimensione collegiale delle decisioni. C’è un aspetto che però ha visto un peggioramento, introdotto dagli emendamenti della Camera: riguarda la riscrittura dell’art. 11 del Testo Unico (dlgs n. 297/1994) che definisce competenze e composizione del Comitato di valutazione dei docenti, ora chiamato anche ad individuare i criteri in base ai quali il dirigente scolastico assegna il bonus annuale per merito. Riteniamo che la valutazione dell’attività professionale di un docente (così come di altre figure professionali), sia per quanto attiene al merito, sia per quel che riguarda il superamento del periodo di prova del personale neo-immesso in ruolo, non possa essere affidato a componenti estranee alla professione, che sono prive delle necessarie competenze tecniche. Per questo abbiamo chiesto la riformulazione del comma 4 dell’art. 13 del ddl riguardo ala composizione del Comitato: i quattro componenti che affiancano il preside debbono essere tutti insegnanti, eletti dal Collegio dei docenti della scuola.

L’alternanza scuola-lavoro occupa nel ddl uno spazio di rilievo, sia sotto il profilo educativo-formativo, sia per il maggior impegno economico ed organizzativo destinati a sostenerla. Si passa dagli attuali insignificanti 11 mln di euro ai 100 mln a partire dal 2016, con un incremento sostanziale del numero di ore da svolgere in alternanza. Restano però un paio do precisazioni necessarie a rendere l’attività meno rigida e più efficace sotto il profilo educativo. Se l’istituzione del “registro nazionale delle imprese per l’alternanza scuola-lavoro” costituisce un valido aiuto per le scuole nell’individuare partners aziendali adeguati, il vincolo di ricorrere esclusivamente alle imprese iscritte nel registro può creare seri problemi di reperibilità, soprattutto laddove ad accogliere gli studenti possono essere piccole e piccolissime aziende (è il caso più diffuso nell’istruzione professionale). Abbiamo chiesto che la scuola possa rischiare in autonomia scegliendo imprese anche al di fuori del registro. Quanto poi all’attività di ricerca e scelta dei partners abbiamo proposto che il dirigente scolastico non agisca “in solitaria”, ma più realisticamente si avvalga «di un’apposita commissione costituita da docenti referenti per l’alternanza scuola-lavoro» e proceda «di concerto con il consiglio d’istituto», in modo da trovare, sia in termini operativi che decisionali, un supporto collegiale per scelte trasparenti ed efficaci dal punto di vista educativo-formativo.

Abbiamo sempre sostenuto che la formazione in servizio costituisce un elemento fondamentale per un corretto e adeguato esercizio della professione docente. Per questo abbiamo subito accolto con favore la valorizzazione di una formazione per i docenti di ruolo che fosse «obbligatoria, permanente e strutturale». Riteniamo però che la scuola non debba imporre i propri percorsi ma solo stabilire «contenuti e criteri» delle attività, lasciando ai singoli docenti la libertà di scegliere tra le diverse offerte disponibili. Analogamente, deve essere evitata qualsiasi forma di monopolio anche nella predisposizione del Piano nazionale di formazione (art. 12, c. 4 – ultimo periodo), adottato ogni tre anni dal MIUR: riteniamo che le associazioni professionali abbiano ben più titolo dei sindacati di categoria a fornire indicazioni in tal senso al ministero.

Limitare la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica (art. 18) ad un tetto di soli 400 euro annui (pari a circa 76 di detrazioni!) ci è sembrato francamente poco; perciò abbiamo proposto di innalzare il limite ad almeno 4.000 euro, una cifra più realistica per sostenere le spese delle famiglie.

L’art. 22 raccoglie diverse indicazioni per alcuni decreti delegati, fra questi quello relativo al nuovo percorso di formazione e reclutamento, del quale abbiamo già detto nell’Editoriale n. 34. È da tempo che concepiamo la professione docente come un’attività che si impara in un tirocinio effettivo, cioè “guardando un altro che lo fa”, e che questo tirocinio è un servizio da retribuire; apprezziamo che il ddl lo riproponga. Resta però una questione da risolvere: sia le scuole statali che le paritarie fanno parte del Sistema Nazionale di Istruzione e quindi il percorso professionalizzante individuato per le statali va esteso alle paritarie; almeno come possibilità.

Un’incongruenza da risolvere. Di recente sono state indette le elezioni del Consiglio Superiore delle Pubblica Istruzione, la cui funzione principale è quella di fornire «supporto tecnico scientifico per l’esercizio delle funzioni di governo» della scuola (si veda l’Editoriale n. 29). Il ddl però continua ad escludere il CSPI stabilendo che per l’adozione di regolamenti e decreti attuativi non è richiesto il suo parere. Chiediamo che venga sanata questa sorta di “fobia” strumentale abrogando il comma 1 dell’art. 23.

Sappiamo bene che non è la scuola come struttura ad essere essenziale, quanto invece l’educazione e l’istruzione. La scuola nasce per sostenere il bisogno dei genitori nel loro ruolo educativo e il centro della scuola è l’allievo con i suoi bisogni educativi, non il preside, i docenti o il ministero.

«Per educare un ragazzo ci vuole un villaggio», ha detto Papa Francesco il 10 maggio 2014 al mondo della scuola italiana. Occorre che tutti gli “attori” dell’avventura educativa – genitori, insegnanti, dirigenti, studenti… – collaborino insieme alla costruzione del futuro delle giovani generazioni.