N.1 - Un “cuore” nella buona scuola

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Per fare una “buona scuola” non bastano strategie e innovazioni, ci vuole un “cuore” che desideri il bene per sé e per gli altri. Per questo, all’inizio di un nuovo anno scolastico che si preannuncia denso di novità più o meno buone e di frizioni potenzialmente devastanti, abbiamo scelto di ricominciare proponendo la lettera di una giovane docente che ha riscoperto la sua vocazione educativa. La offriamo assieme ad un’altra testimonianza, apparsa su tracce.it qualche giorno fa, di una studentessa che ha appena concluso il suo percorso scolastico e racconta la sua esperienza e mettendola a confronto con le proposte della “Buona Scuola”.

Dopo alcuni anni di ricerca in Università, l’anno scorso ho colto la grande occasione (soprattutto perché mi permetteva di vivere nella stessa città in cui mio marito lavorava già da alcuni anni) di insegnare in un liceo, una bellissima scuola paritaria. Immaginavo che sarebbe stato un lavoro diverso, ma non avrei mai immaginato la fatica che poi ho fatto, in particolare per preparare le lezioni di una delle due materie che insegno - la storia - che non avevo mai insegnato prima di allora. Non è mai venuto meno il gusto di studiare ma la mole di lavoro era davvero enorme, soprattutto perché non sapevo come fare, come comunicare qualcosa che io stessa stavo cercando di imparare.
Dopo poco ho avvertito il bisogno di vivere a scuola un’amicizia con i miei colleghi, non solo perché la fatica fosse sostenuta, ma soprattutto per il desiderio di guardare come loro fanno il loro mestiere, come insegnano la loro materia (io sono l’unica che insegna storia e filosofia, quindi non si trattava di comparare i programmi o di fare cose simili, ma di stare a guardare il loro rapporto con la loro materia e con i ragazzi), di imparare da loro e allo stesso tempo però trovare la mia strada.
A ciò è forse legata la seconda, e ancor più bella, scoperta di quest’anno, che ha alleviato la mia fatica: vedere in alcuni studenti il maturare del gusto per certe questioni, temi, o lo svelarsi di un’attitudine per la filosofia, o addirittura di un amore. Più in generale, assistere alla scoperta di sé di questi studenti e poterla seguire, servire in un certo senso, perché ho cominciato a vederli come compagni di lavoro. È stato impressionante vedere in uno studente, bocciato qualche anno fa e con difficoltà nelle altre materie, maturare prima un interesse, poi un’attitudine fuori dal comune e durante l’anno risultati da primo della classe in filosofia.
Vi scrivo perché queste due cose mi stanno accompagnando all’inizio della scuola con speranza e non con paura.
Un caro saluto.