N.15 - Un reale rinnovamento della scuola

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«Solo persone che hanno una risposta all’altezza della situazione presente potranno veramente fare parte del rinnovamento reale della scuola. Solo se ci sono esperienze in atto, i colleghi e gli studenti potranno vedere dei testimoni di un’altra modalità di vivere e di insegnare nella stessa situazione di tutti. Questa è la sfida, perché la scuola non cambierà solo grazie alle direttive del Ministero, che saranno sempre utili – ed è meglio che non ci siano cose sbagliate −, ma non è la questione per me decisiva; il problema è se le circostanze del vivere sono fondamentali per il nostro cammino umano, non solo di insegnanti, ma di uomini e donne che insegnano» [da “Insegnare oggi. Nuovi contesti e nuove sfide”, pag.10].
Iniziamo con questo “Punto della settimana” la pubblicazione di testimonianze del lavoro in atto nelle scuole da parte di chi ha accettato la provocazione dell’incontro dell’11 ottobre scorso a Bologna con Julian Carrón.

Aiutarci a guardare il buono che c’è
Premetto che i miei colleghi e io non abbiamo accolto questa riforma senza nutrire diffidenze e molte riserve. Noi infatti viviamo in una realtà di provincia, dove il paventato “preside-sceriffo” a volte è una realtà ed i collegi docenti spesso sono esautorati dalle loro funzioni. Di fronte a tutto questo non è facile guardare positivamente a certi cambiamenti: ad esempio non abbiamo fabbriche o aziende a cui rivolgerci neanche per l’alternanza scuola lavoro; al punto che stiamo lavorando di fantasia. Così io, che seguo dal punto di vista della pedagogia teatrale una associazione culturale che ha dato vita ad una compagnia di musical, ho proposto al liceo artistico la creazione delle scenografie – pensate da docenti e studenti in base a precise indicazioni pedagogiche – da realizzare per lo spettacolo, immaginando una sorta di protocollo d’intesa tra l’associazione e l’istituzione scolastica.

In questa situazione lavorare sulla riforma non è facile. Nella mia scuola non ci siamo mai seduti a ragionare sugli articoli di legge; ma giorno per giorno ci siamo introdotti a vicenda con i miei colleghi in quegli aspetti positivi che siamo riusciti a scorgere, decidendo di opporci alla politica “dei contro” operata dai sindacati (e questo per me è tanto più difficile dal momento che faccio parte dell’RSU della scuola). Così ci siamo visti a lavorare nelle ore buche, abbiamo letto, commentato e ci siamo accompagnati nella scoperta di una positività. Il bello è stato proprio questo: aiutarci a guardare, a guardare le potenzialità, il buono che c’è.
Come sulla questione della valutazione, che ha coinvolto nel dibattito anche gli alunni, al punto che in un’assemblea d’istituto ho sentito una mia allieva scandire la mia frase storica: «io ho il diritto di essere premiata non perché sono vecchia, ma perché sono brava». Molti dei colleghi con cui abbiamo affrontato l’argomento si dichiarano disponibili a giocarsi per l’individuazione di criteri condivisi. Una cosa è certa: nessuno (eccetto i sindacati…) vuole che questo bonus cada a pioggia.

Nella nostra scuola anche i ragazzi si stanno impegnando per capire di più; così qualche settimana fa, mentre facevo lezione i rappresentanti d’istituto degli studenti hanno bussato alla porta della mia aula e mi hanno detto che la persona che avrebbe dovuto presentare la legge della “Buona scuola” all’assemblea d’istituto li aveva piantati. Da lì la loro richiesta che fossi io a intervenire in assemblea. Lì per lì ho pensato, come ha fatto un altro mio collega, di trincerarmi dietro un “no” secco, giustificato peraltro dall’assenza di preavviso. Tuttavia non ero tranquilla e alla fine ho deciso di intervenire all’assemblea. Così, mentre spiegavo a 1.300 ragazzini una legge difficile da comprendere anche per me, straordinariamente le ragioni fluivano chiare e più vere per me e anche per alcuni miei colleghi, che sono scesi a sentire e hanno condiviso un’ipotesi di lavoro.
Tuttavia la cosa più stupefacente è stata vedere splendere nel cuore di due ragazze lo stesso desiderio di giustizia, di bellezza e di verità che ho io. Infatti durante l’assemblea d’Istituto per la presentazione delle liste per gli organi collegiali queste due studentesse si sono fatte avanti e hanno cominciato a leggere il loro discorso. Mi hanno colpito le loro facce ardenti di desiderio e i loro occhi commossi dall’ipotesi di un mondo nuovo, migliore, in cui «la giustizia avrà stabile dimora», e ho pensato che quello era il mio stesso desiderio. Allora le ho incontrate, e dai chiarimenti sulle vicende politiche siamo scivolate al cuore del problema, tra le lacrime si sono riconosciute desiderose di un bene più grande a cui non sanno dare nome né volto. Inevitabilmente siamo diventate compagne di una ricerca comune, è scattata una familiarità che nulla ha a che vedere con una certa ambigua compagnoneria. Il primo passo è stata la Colletta alimentare e il secondo la proposta che mi hanno fatto di un “tavolo di lavoro” con gli studenti rappresentanti le varie scuole della città proprio sulla riforma.

Non so dove tutto questo condurrà me e loro, ma di una cosa sono sicura (come dice la mia collega di matematica): con una compagnia come quella a cui appartengo «non si ha paura di nulla, tutto viene affrontato come possibilità di bene per me».
Vi ringrazio di tutto.