N.18 - Mamma, la maestra Chiara è semprissimo felice!

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È un bambino che parla. Lo racconta Chiara, un’insegnante di Varese, partita alle 5.30’ di mattina con una collega, una dei quasi 60 partecipanti alla Bottega dell’Infanzia svoltasi a Riccione, sabato 18 marzo scorso, prendendo sul serio l’invito fattole da due insegnanti romagnole. Un episodio accaduto quando ha incontrato un proprio bambino della scuola dell’infanzia con la sua mamma.

Il tema della Bottega Il bambino fa domande perché cerca risposte ed è felice quando le ottiene. Cosa significa accogliere le domande del bambino? Questa accoglienza cosa ci permette di scoprire della realtà e del bambino? diventa subito una “faccenda” per adulti, prima che per i bambini. Ed infatti tornando a scuola sono accadute subito tante cose…

Così scrive qualche giorno dopo: “Incontrare i vostri volti = una ricchezza non da poco, non c’è timore, non c’è timidezza è come se ci conoscessimo da tempo e il desiderio di ascoltare, imparare, sapere, di riempire il mio cuore…nasce un lavoro di relazione, sto ad ascoltare. Da qui nasce un’occasione, un punto, un minuscolo punto ma che è pur sempre un punto. Un punto unico definito, che ha un nome, un Tu e che ha di fronte un Io che lo vede… ecco che nasce la relazione, e si mettono in gioco le nostre risorse..

Un’altra insegnante ci scrive: “Sono tornata a scuola questa mattina con il desiderio di guardare ciascuno dei miei bambini con più attenzione, tesa a scoprire qual è il bisogno che esprimono nei modi cosi differenti e personalizzati. E ho notato che la mia posizione era cosi attenta che i bambini mi sembravano più vivi e simpatici! Effettivamente per ricentrare la mia persona ho bisogno di un luogo come la bottega”.

E ancora un’altra: “Mi sono trovata a riflettere avendo presente le facce di ogni bambino della mia sezione e a scoprire cose che non avevo considerato così bene.[…] Mi sono trovata, io, che spesso sottolineo più la fatica, ad avere una gran voglia di ripartire da tutto quello che di positivo e di buono c'è. Mi è piaciuto un sacco sentirmi dire che sono sempre in movimento, che imparo da ciò che faccio continuamente, dalla realtà che vivo, dalle domande che io per prima mi pongo.

Un’insegnante scrive: “La prima cosa che posso dire è la gratitudine alla bottega per il sostegno e il rilancio che è. Poi la stima per il metodo, che attraverso la traccia mi aiuta a osservarmi prima e dopo della bottega nell'azione quotidiana, e mi aiuta ad essere sempre più attenta a quello che accade e a correggermi quando l'impulso dell'istante prevale sulla memoria di quello che ci diciamo. Mi ha colpito la varietà delle testimonianze, alcune per la loro bellezza, le altre perché trasformano la fatica in domanda e in un lavoro su di sé.

Ci ha colpito la libertà (e anche la professionalità) con la quale le persone, anche quelle non direttamente coinvolte nelle Botteghe locali, sono intervenute. E non appena per raccontare la loro esperienza, ma anche per dare un contributo di giudizio al lavoro” commenta Claudia con alcuni suoi amici. “Ci colpisce come la nostra continui ad essere una compagnia professionale che ci ridesta ogni volta a un lavoro innanzitutto su di noi, per aiutarci a prendere coscienza di ciò che è accaduto e dei fattori che lo hanno reso possibile, per far diventare cultura pedagogica l’esperienza vissuta. Per arrivare ai bambini, fino alla didattica. Nulla è fatto fuori, neppure il contesto a volte davvero faticoso ma anzi, necessario, perché: di che cosa abbiamo bisogno realmente, alla fine? Della realtà che gratuitamente ci è data, bella o brutta che sia. Di occhi e orecchie aperti per poter vedere ciò che accade perché, come diceva un amico insegnante, “guardare i bambini e frequentare i loro sentieri ci riporta alla realtà, ci riporta a scuola”.