N.19 - L'originalità di un metodo

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La sfida educativa del nostro tempo spinge sempre di più ad interrogarsi sulle metodologie didattiche, che siano capaci di motivare gli studenti ed efficaci per quanto riguarda i risultati di apprendimento. A volte si ha l’impressione che tale ricerca possa rappresentare un modo per mettere da parte la domanda su cosa renda significativo il rapporto insegnante/studente: l’esperienza di alcuni insegnanti del modenese ci dice che quando invece c’è in gioco la persona, cercare nuove strade può addirittura aprire nuove domande, sollecitare rapporti imprevisti, far ripensare addirittura il proprio modo di fare scuola, e persino dei propri colleghi.

“Quando si insegna sempre ci si chiede, qualunque sia la materia in questione, come possa accadere il miracolo: che quello che tu oggi stai spiegando in classe sia - per tutti, o per qualcuno, o per quell’uno, quell’uno soltanto! – possa essere, la cosa che arriva proprio al punto, quel punto della vita dell’altro, in cui può generare un frutto di umanità, può aprire una strada, una possibilità, così come lo è stato – e lo è, ancora – per noi.
E a volte può succedere che si incontri qualcuno, e che vedendolo all’opera si pensi: ecco, qui il miracolo accade.
Questo è quanto è capitato a un gruppo di insegnanti di lettere che, seguendo l’intuizione di una fra loro, da anni docente in un Istituto professionale, stanno rivoluzionando contenuti e metodi del proprio lavoro, fino ad arrivare a pensare a un’idea nuova del “fare scuola”.

Quel giorno di gennaio del 2013 quella certa insegnante aveva avuto occasione di assistere a un dialogo tra la professoressa Tat’jana Kasatkina - studiosa dell’Accademia Russa delle Scienze e massima esperta di Dostoevskij, in tour in Italia per una serie di incontri promossi dai Centri culturali, e da lei invitata nella sua classe - e un gruppo di suoi studenti, futuri elettricisti. A tema: “Le notti bianche”, un breve romanzo giovanile proprio dell’autore russo.
Quel modo di dialogare con i giovani, quel modo di leggere un’opera: all’insegnante, pur ricca di esperienza e da sempre impegnata in un tentativo di appassionare i suoi studenti alla letteratura, appare chiaro che quel metodo può essere una strada percorribile, per sé prima di tutto, e per i suoi alunni.
La professoressa Kasatkina accetta l’invito e la sfida: insegnare agli insegnanti a leggere con la metodologia “da soggetto a soggetto”, un approccio ermeneutico al testo che ridà voce all’autore e abilita il lettore, anche il più privo di strumenti, a entrare in un rapporto significativo con le grandi opere, riaccendendo la passione per la lettura e favorendo, in un incontro personale e fecondo, l’accesso ai contenuti profondi del testo.
È l’inizio di un lavoro, e di un cammino insieme: quattro Summer School su opere di Dostoevskij, una rete di scuole a sostegno del progetto, il coinvolgimento di Diesse, tre sperimentazioni didattiche condotte dalla professoressa Kasatkina che hanno visto protagonisti ogni anno centinaia di studenti, la partecipazione di insegnanti e studenti italiani alla Conferenza di Letture studentesche a Staraja Russa, dove ha sede il centro studi dostoevskijano.

Ma, al di là dei numeri, comunque importanti, e del fatto che la collaborazione con la professoressa Kasatkina offre un’opportunità formativa che costituisce un unicum nel panorama culturale italiano, quello che colpisce è l’intensità dei rapporti, è un nuovo modo di intendere la conoscenza, di leggere il testo e il mondo, di cui quel gruppo di insegnanti – italiani, ucraini, russi, portoghesi – sta facendo esperienza.
Il dibattito che in questi anni, attraverso l’incontro con la professoressa Kasatkina, si è aperto sull’ermeneutica letteraria vede infatti come protagonisti insegnanti, ma anche giovani ricercatori, desiderosi di ridare vitalità e significatività allo studio della letteratura, con la rinnovata consapevolezza che perdere, come di fatto sta accadendo nella scuola, il legame con la grande tradizione umanistica significa privare se stessi e il mondo di quella bellezza necessaria perché la vita sia pienamente umana.

Questa capacità interpretativa, messa in gioco nel dialogo con le grandi voci, si estende infatti a tutta la realtà, suscitando negli insegnanti e negli studenti coinvolti la percezione di essere realmente una comunità ermeneutica.
Si tratta, per quanti si sono trovati compagni in questa avventura, di accettare una provocazione radicale rispetto all’insegnamento, al proprio ruolo, alla possibilità di un incontro reale e significativo, non ridotto, con l’altro - problema capitale del nostro tempo. Si tratta della necessità di trattare la letteratura non come qualcosa di accessorio, ma essenziale al nostro essere uomini. Si tratta, in fondo, di reintrodurre nella prassi quotidiana dell’insegnamento la categoria dell’avvenimento, quell’essere “in presenza” che fuori da ogni “obbligo scolastico” provochi finalmente la libertà di tutti gli attori in gioco, non riducendo il sapere a cosa morta, prima di tutto per noi”.