N. 5 - Tempo di ripresa

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Questo mese di febbraio, nonostante le preoccupazioni sempre nuove per la situazione sanitaria, sta assumendo i connotati di un tempo di ripresa, non solo perché si sta cercando faticosamente di ritornare ad una scuola in presenza, ma anche perché il tema della scuola e dell’istruzione sembrano essere tra le priorità del nuovo governo a guida Mario Draghi.
È importante pertanto aiutarci a capire il momento che stiamo vivendo e la responsabilità cui siamo posti di fronte: per questo abbiamo chiesto a Giorgio Vittadini - docente di Statistica presso l’Università Bicocca di Milano, nonché presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – da sempre attento ai temi dell’istruzione e dell’educazione dei giovani, nonché acuto osservatore dei processi culturali all’interno della scuola, di rispondere ad alcune domande: riportiamo alcuni passaggi di stretta attualità (il testo integrale qui).

Anche dal punto di vista istituzionale, una delle priorità per la ripresa del Paese, anche nell’agenda del neo-presidente Draghi, è l’istruzione. Al di là delle intenzioni, cosa vuol dire mettere al centro delle politiche nazionali la scuola e l’educazione dei giovani?

“Come sappiamo, il presidente Draghi ritiene educazione, istruzione e formazione il cuore dello sviluppo. La scuola di Chicago nel 1960 con Gary Becker ha ricevuto il premio Nobel dimostrando, per la prima volta, il nesso tra aumento dell'istruzione e aumento di produttività e sviluppo. In Italia abbiamo il 19 per cento circa di laureati, mentre negli USA sono il 40 per cento. I Paesi che hanno livelli di Pil e qualità della vita più alti sono quelli che hanno una qualità d'istruzione migliore.
L'economia non cresce con la finanza, non cresce con le infrastrutture: la redistribuzione, nel lungo periodo, non si fa con i bonus o con l'assistenzialismo, ma facendo crescere l'istruzione.
Penso che il tema della scuola non è uno dei temi prioritari, ma è addirittura “IL” tema, non uno dei temi accanto a turismo, tempo libero o altro! Se non riusciamo a portare più persone a studiare, a non abbandonare, a laurearsi, a qualificarsi, non riusciremo a far rimettere in gioco un Paese che, ricordo, prima della pandemia era il ventisettesimo paese dell'OCSE, su 28, per crescita economica.
Allora da questo punto di vista voi insegnanti, voi associazioni - anche se vituperati, anche se vi aggiornate e lavorate senza averne riconosciuto il merito, e siete sottopagati - siete il cuore dello sviluppo del Paese!”

Condividiamo questo giudizio: la crisi della scuola italiana non è legata alla pandemia, ma ha una origine più antica; per questo non si tratta di cercare di ripristinare lo stato pre-covid, ma di immaginare nuovi percorsi. Anche noi chiediamo che si investa sulla scuola attraverso idee, progettualità e denaro, come aveva ricordato il neo presidente del Consiglio al Meeting di Rimini dell’estate scorsa.

Non si tratta solo di immaginare un nuovo progetto o una nuova riforma di scuola, ma di fare tesoro e di portare a sistema il nuovo che già c’è nella scuola.

Su questo lavoro noi ci siamo!