N. 6 - Non cognitive skills: nuova narrazione, obiettivo intramontabile

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Un'insegnante di secondaria di primo grado, dopo un mese dall'inizio della scuola, si trova a fare l'intervallo in una classe che ha visto sempre in altri momenti della giornata, e quando alcuni alunni al banco si levano la mascherina per mangiare, si accorge di vederli interamente per la prima volta in viso, e sono diversi da come li aveva immaginati… Così ci riflette un po’ su: “Forse fuori, senza maschera, avrei persino problemi a riconoscere chi è un mio alunno!”

Guardare la faccia di un ragazzo per intero, dopo tanti incontri in cui non è stato possibile farlo, rivela a volte delle vere sorprese perché, nonostante sappiamo che gli occhi siano la parte più espressiva, ogni elemento del volto contribuisce a dare al viso la sua unicità. Analogamente si può insegnare interagendo con l’alunno come “attraverso una maschera”, magari puntando tutto sulle conoscenze, o su quelle competenze rispetto a cui bisogna compilare vari documenti di rito.

Il 20 novembre scorso, il secondo incontro della Convention di Diesse ha approfondito il rapporto tra apprendimento e non cognitive skills, invitando a dialogare sia professionisti del mondo dell'educazione che del lavoro.

Da ambo le parti è emersa una interessante convergenza: gli studenti che riescono a sviluppare le proprie non cognitive skills sono quelli che hanno migliori risultati nello studio, ed anche maggiore facilità ad inserirsi nel mondo del lavoro e a rendere di più grazie alle proprie attitudini.

Molti studi recenti hanno portato alla ribalta l’importanza delle non cognitive skills, classificandole in vario modo e quasi opponendole alle competenze cognitive, in quanto ‘soft’ skills. Potrebbe trattarsi dell’ennesima moda didattichese che assorbe tempo ed energie degli insegnanti, ma i relatori della tavola rotonda dello scorso sabato in vario modo hanno sottolineato che l’attenzione alle non cognitive skills dell’alunno significa un’attenzione alla sua persona a 360°, perché la sua “riuscita” nella vita adulta non è favorita appena da ciò che conosce e che sa fare, bensì da altre categorie come l’apertura alla realtà, la coscienziosità, il senso critico ma anche l’imparare a imparare, l’attitudine alle relazioni, alla collaborazione e alla leadership, che molto spesso dipendono dalla stabilità emotiva e dal senso di autoefficacia.

Tutto questo apre molte piste di lavoro e nello stesso tempo nutre le riserve di chi crede che formare i giovani in vista delle competenze richieste dal mondo lavorativo ed economico crei delle ingerenze che danneggerebbero la scuola. A tal proposito ci sembra realistica la sottolineatura del prof. Agasisti, secondo cui la sfida della scuola di oggi è operare - con i suoi strumenti educativi - per contribuire a rendere migliore il mondo del lavoro, dell’economia, piuttosto che marcare i confini tra mondi diversi che di fatto sono chiamati a dialogare ed arricchirsi, con lo scopo fondamentale di introdurre in modo adeguato il giovane nella società complessa di oggi.

Del resto un bravo insegnante è stato da sempre capace di “togliere la mascherina” dal viso del suo studente e conoscere integralmente le sue risorse per aiutarlo a scoprire di più sé stesso: forse negli ultimi decenni - essendosi smarrita una certa visione d’insieme dell’alunno a discapito dell’iperspecializzazione conoscitiva – è costruttivo ritrovarla, magari attraverso la nuova “narrazione” delle non cognitive skills.

Ci si è interrogati quindi sull’opportunità e i modi in cui la scuola possa aiutare ad educarle. È possibile immaginare dei percorsi appositi (didattica per competenze, progetti), ma – come ha ricordato la prof.ssa Daniela Notarbartolo – anche il lavoro scolastico ordinario offre molte opportunità: da un lato l’apprendimento della propria materia può essere incrementato, ad esempio, attraverso la costruzione di un curricolo pensato in ordine di passi progressivi di difficoltà, dall’altro attraverso modalità intelligenti di interazione come il gestire consegne, verifiche, voti, successi e insuccessi.

Sono argomenti su cui vale ancora la pena di ritornare in un confronto comune, anche attraverso la nostra mail dedicata comunicazione@diesse.org .