Suggerimenti per una didattica inclusiva

Ho respirato una boccata di ossigeno: dal 22 al 24 marzo ho partecipato ai lavori dei Convegni di due associazioni scientifiche - CNIS (Coordinamento Nazionale Insegnanti Specializzati) e GRIMeD (Gruppo RIcerca Matematica e Difficoltà) - che si sono effettuati in parallelo a Padova, a Palazzo Bo, sede dell’Università. Dopo essermi registrata, mi sono avviata verso l’Aula Magna, ricca di stemmi e di decorazioni. Prima di entrare ho potuto ammirare, nella Sala dei Quaranta, la Cattedra di Galileo dalla quale, secondo la tradizione, lo scienziato, che insegnò a Padova dal 1592 al 1610, teneva le lezioni: l’emozione è stata fortissima! I tre relatori (esperti in particolari campi ma con specializzazioni plurime...) mi hanno molto coinvolta: il professor Eric Frank, neurobiologo, dell’Università di Boston ha affrontato il tema Neuroplasticity and cognition: focus of Number Knowledge (Neuroplasticità e Cognizione: focus sulla Conoscenza Numerica - con traduzione simultanea svolta dalla figlia, dott.ssa Anna Baccaglini Frank, referente del progetto Per Contare), il professor Giorgio Bolondi, matematico, dell’Università degli Studi di Bologna, ha compiuto un excursus su Ognuno ha le sue difficoltà: le evidenze dalle prove Invalsi e la professoressa Daniela Lucangeli, psicologa, dell’Università degli Studi di Padova, ha tenuto la Lezione Magistrale dal titolo Migliorare la rappresentazione dell’immagine di sé quando apprendere è più difficile.

Dopo la maturità scientifica avevo tre grandi interessi: la biologia, la psicologia e la matematica. Ricordo che per qualche tempo sono stata incerta su quale strada intraprendere a livello universitario, poi ho optato per Scienze Biologiche, convinta che mi fornisse la possibilità, un domani, di comprendere, in modo essenziale, anche le altre due discipline... Non sbagliavo! Studi e letture si sono poi indirizzati in quelle direzioni. Perciò, quel giorno, ero entusiasta: in un colpo solo potevo ascoltare tre personalità negli ambiti a me più congeniali!

Il professor Frank ha esposto molti concetti relativi alle Neuroscienze, alla plasticità neurale ed ai possibili legami con le scelte di tipo didattico che potrebbero favorire, in futuro, un apprendimento più significativo da parte dei nostri allievi. Il professor Bolondi, partendo dal commento di alcuni items utilizzati nelle Prove Invalsi di matematica, ha suggerito ai docenti di estrapolare dalle suddette prove gli strumenti concettuali da utilizzare per aiutare i propri studenti alla comprensione di questa disciplina. La professoressa Lucangeli, richiamando alcuni costrutti neuropsicologici (ha nominato, per esempio, l’amigdala, parte del cervello i cui costituenti neurali svolgono funzioni di integrazione tra le componenti comportamentali e neurovegetative delle risposte emozionali) e spiegando che “il ″Sé″ si forma rispecchiandosi nei messaggi delle figure significative che incontra lungo il suo percorso di crescita”, ha sollecitato gli insegnanti a sorridere ai propri alunni (il sorriso usato durante le attività didattiche facilita l’apprendimento) e ad incoraggiarli affinché il loro cammino scolastico sia positivo (è più efficace un unico incoraggiamento rispetto ai molti - 1 a 54 - rimproveri).

Nei due giorni successivi molte sono state le comunicazioni e le testimonianze in ambedue i Convegni che hanno fornito opportunità e proposte per un miglioramento della didattica inclusiva.
Mi vengono in mente le parole di Papa Francesco. Nella sua omelia durante la Santa Messa per l’inizio del Ministero Petrino, celebrata il 19 marzo nella Solennità di San Giuseppe, ha detto “La vocazione del custodire... è semplicemente umana, riguarda tutti”. Ha continuato affermando che “... il custodire la gente [significa] l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore e chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!

Ed allora, durante la nostra attività didattica, in qualunque disciplina,
sorridiamo a tutti gli allievi ed incoraggiamo, con tenerezza, gli alunni più fragili!