Gare matematiche: pro e contro

Da tempo propongo, in occasioni specifiche e mirate, con uno scopo didattico ben preciso, i GIOCHI matematici (problemi divertenti, curiosi, stimolanti...) ai miei allievi, organizzando quasi sempre gruppi eterogenei mediante il metodo collaborativo/cooperativo. Da qualche anno nella mia scuola vengono svolte le GARE di giochi matematici. Io sono contraria, visto che si tratta di una scuola secondaria di primo grado, ma, poiché i miei colleghi le ritengono valide, offro la possibilità ai miei alunni di parteciparvi. Ogni volta, pur avendo ottenuto anche risultati pregevoli, ho la conferma che proporre progetti basati sulla competizione è, nella fase preadolescenziale, poco efficace sotto il profilo cognitivo oltre che educativo.
Nei giorni scorsi in prima media ho posto sulla cattedra i testi di alcuni GIOCHI (selezionati nell’ambito concettuale relativo all’aritmetica ed in particolare alle quattro operazioni) ed ho lasciato liberi gli alunni di scegliere gli esercizi. Molto era l’entusiasmo; i ragazzi discutevano e si confrontavano, poi venivano da me per comunicare il risultato, ma, spesso, dovevo rimandarli al posto: avevano risolto i problemi sottovalutando le richieste di motivare ed argomentare le loro risposte. Eppure avevo lasciato loro il tempo necessario! Normalmente la seconda fase del lavoro si basa sull’analisi e sul confronto a livello collettivo, utili ad interiorizzare i concetti sottesi al problema affrontato; con la generazione dei “ragazzi digitali” queste strategie diventano davvero importantissime in quanto gli allievi sono troppo precipitosi e, a volte, superficiali. Anche in altri momenti del percorso didattico ho notato con quanta genericità i ragazzi affrontano lo svolgimento di una consegna.

Lo scopo prioritario della didattica dovrebbe essere quello di far comprendere agli studenti che i concetti matematici hanno bisogno di tempo per essere capiti ed interiorizzati; che l'intuizione deve essere supportata dal ragionamento e dall'argomentazione rispetto alle scelte fatte; che lo svolgimento deve essere chiaro ed esplicitato con precisione; che il percorso logico con cui si risolvono gli esercizi, e soprattutto i problemi, è più importante del risultato. I ragazzi preadolescenti sono molto diversi fra loro (parecchi, i più deboli, soffrono per non riuscire a recepire i concetti astratti della matematica) e, soprattutto, si stanno ancora formando; non hanno ancora una consapevolezza dei processi mentali e molto spesso (ne faccio sempre più esperienza) arrivano ad un risultato (anche corretto) in modo casuale e poco logico e perciò rischiano di accumulare molte misconcezioni. Ed è, specialmente per coloro che applicano in modo meccanico le procedure, un grosso pericolo perché credono di aver capito “cos’è la matematica”. I nostri allievi devono potersi cimentare con le diverse modalità di risoluzione di problemi-GIOCHI (veri problemi! non quelli così definiti da molti autori dei libri di testo, purtroppo), ma devono avere il tempo di riflettere e ciò non avviene nelle GARE, dove è necessario essere veloci.
Come ormai è comprovato, nella scuola secondaria di primo grado abbiamo sia studenti eccellenti che con B.E.S. (Bisogni Educativi Speciali) di vario tipo. Molti ragazzi soffrono di un senso di inferiorità nei confronti dei compagni “più bravi” (prof, mi dicono, ma come fa Giulio¹ a risolvere questi problemi così in fretta e così bene?). Mi chiedo perché accentuare tutto ciò con la competizione fra pari. Con un metodo collaborativo è possibile coinvolgere tutti in un’attività che possa dare ad ognuno soddisfazione individuale, in quanto ciascuno (anche un disabile!) può contribuire con le proprie diverse abilità a decifrare un enigma e a risolvere il quesito del GIOCO; inoltre un buon docente può gratificare un allievo eccellente prima con un ottimo giudizio e poi proponendogli di fare da “tutor” ad un compagno in difficoltà (e ciò vale forse più di un premio conquistato con la GARA).

Nella scuola secondaria di secondo grado, al contrario, può essere positivo invitare gli allievi a mettersi alla prova nelle GARE perché, come tanti affermano, una “sana” competizione è sicuramente necessaria nell'ambito lavorativo per il quale si stanno preparando. Gli studenti sono (o perlomeno dovrebbero essere) più coscienti del significato dei processi matematici, più avvezzi ad “argomentare” (addirittura in grado di “dimostrare”, che è il passo successivo), più riflessivi e più maturi. Quindi i ragazzi più dotati potrebbero essere stimolati ad un maggior impegno e ad un approfondimento personale che li predisporrebbe ad affrontare con maggior consapevolezza le SFIDE matematiche.

¹ Nome di fantasia