Sciopero del 5 maggio: e la libertà di NON scioperare?

Non vogliamo assolutamente entrare nel merito dello sciopero unitario della scuola del 5 maggio, proclamato da FLCGIL CISL, UIL, SNALS, GILDA COBAS, cui si è aggiunta anche la FIOM. Rimandiamo per ogni commento nel merito ai documenti apparsi sul sito di Diesse, che spiegano con grande puntualità le questioni che bollono in pentola.

Nei corridoi delle scuole
Ciò che ci interessa è vedere che cosa è successo nei corridoi delle scuole, dove – invece – lo sciopero è stato vissuto con toni talvolta esacerbati.
Ora, per arrivare alla 'massiccia partecipazione' dello sciopero, il sindacato e le varie forze schierate a favore dello sciopero hanno utilizzato ogni metodo: dai classici annunci, articoli, slogans, assemblee sindacali, all'uso massiccio di sms che – come catene di S. Antonio – hanno travolto tutti gli insegnanti.

Ipse dixit
È come se nelle scuole fosse passato un messaggio tanto incalzante, quanto convincente; tanto suadente quanto indiscutibile. Una sorta di Ipse dixit per cui molti docenti si sono sentiti 'in dovere' di aderire allo sciopero quasi fosse una condizione ineludibile.

Come dicevamo, non vogliamo entrare nel merito, anche se non facciamo mistero che il Ddl presenta, a nostro avviso, molte criticità.
Ma ci è dispiaciuto constatare che, in molti istituti, è parso che coloro che – per le più svariate motivazioni – avevano in cuor loro deciso di non aderire, sono stati spesso oggetto di esclusione, dileggio, affronto. O, più semplicemente, hanno dovuto difendere coi denti e con le unghie le loro posizioni. Non stiamo parlando di strumentalizzazioni volute: stiamo dicendo che una gran parte dei docenti favorevoli ha inconsapevolmente – forse per impeto e per passione – travolto gli antagonisti, li ha fatti sentire antidemocratici.

E il diritto di NON scioperare?
Sta di fatto che per alcuni docenti il diritto sacrosanto di NON scioperare è diventato quasi un delitto. Alcuni di loro hanno vissuto con apprensione una decisone maturata con coscienza e consapevolezza, quasi dovessero fornire ai colleghi le ragioni della loro posizione.
E così molti non scioperanti hanno iniziato giri di telefonate, ricerca disperata di super motivazioni per difendere il proprio diritto di non adesione. E dire che è solo uno sciopero!
Ovvio che non in tutte le scuole è successo così, ovvio che sono eccezioni le tre docenti che si sono coalizzate per entrare a scuola, o le altre tre docenti che si sono organizzate con il DS per garantire la sorveglianza ai propri alunni… ma episodi come questi ci sono stati, eccome.
Ci chiediamo, invece, perché non è stato richiesto agli scioperanti di essere altrettanto consapevoli delle loro decisioni: quanti hanno aderito avendo letto il Ddl? Oppure hanno scioperato solo per sentito dire? Quanti sarebbero stati in grado di esprimere giudizi argomentati? E non di ripetere solo slogans?

Uno sciopero nazionale o…
Ci pare che in questa circostanza i toni si siano troppo infiammati, al punto che lo sciopero nazionale per i diritti e la libertà dei docenti ci sembra sia trasformato in una sorta di strumento antidemocratico!
Difendiamo a denti stretti la libertà di insegnamento e la libertà della persona. Difendiamo strenuamente la libertà di scioperare. Ma – permettetecelo – difendiamo ancor più accanitamente la libertà di NON scioperare, o meglio la libertà della persona di porre in atto scelte autonome.
Anche perché solo docenti che hanno assunto posizioni personali possono dialogare – e non urlare – sia che scioperino, sia che non aderiscano: la scuola ha bisogno di un confronto reale, di persone che assumano le norme con la consapevolezza di protagonisti e non posizioni per sentito dire. L'istruzione in Italia ha bisogno dell'apporto della scuola reale, che poco viene tirata in ballo (perché i sindacati non si sono mobilitati con altrettanta decisione per raccogliere proposte, per fare pressioni su punti reali, e così via?).

Ora, il giorno dopo il grande sciopero, da dove e da che cosa si riparte? E qual è l’immagine di scuola che si vuole perseguire? Quali sono le priorità vere? Tutte domande che da mercoledì 6 maggio troviamo ancora lì ad attenderci, se non si inizia un dialogo fattivo, franco ma cordiale, tra insegnanti (e genitori e alunni) che vogliono, seriamente, metter mano al cambiamento della scuola, che abbiano scioperato oppure no. Da qui si può ricominciare.