N.20 - L’Atto di indirizzo del MIUR per il 2014

Senza eccessiva fretta, ad un mese dall’inizio dell’anno il MIUR ha emanato l’Atto di indirizzo contenente le priorità politiche del dicastero individuate dal ministro Carrozza per l’anno in corso.
L’Atto di indirizzo 2014, «in coerenza con la strategia dell’Unione Europea per il 2020» (premessa ormai tanto abituale quanto formale in documenti come questo), seleziona undici priorità politiche strategiche per l’attività del MIUR; sei di esse hanno come destinatari il sistema di istruzione e le scuole, mentre le altre si occupano di Amministrazione, università e ricerca.

La prima riguarda la «razionalizzazione e semplificazione» dell’apparato amministrativo centrale e periferico del ministero e sarà perseguita attraverso la riduzione delle dotazioni organiche, l’ottimizzazione dell’efficienza e della trasparenza delle attività e la prevenzione della corruzione. Accanto a questo il ministero «si adopererà per la piena dematerializzazione delle procedure amministrative», secondo quanto indicato dall’Agenda Digitale della Commissione Europea.

La seconda priorità in elenco riguarda le linee di «attivazione del Piano di Edilizia scolastica per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e per la costruzione di nuove scuole». Il MIUR si impegna ad assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici e la sostituzione di quelli non più recuperabili utilizzando i finanziamenti messi a disposizione nel corso del 2013 (38 mln di euro sono già stati impegnati in 438 comuni). Tutti gli altri stanziamenti destinati all’edilizia scolastica confluiranno in un Fondo Unico, appositamente istituito nel 2012 per snellire le procedure, e dovranno essere impegnati in collaborazione con Regioni, Province e Comuni; anche superando i vincoli del patto di stabilità. Una corsa contro il tempo difficile da vincere, dati i tortuosi percorsi delle assegnazioni.

L’introduzione di un sistema di valutazione esterno come «strumento di supporto alla gestione delle istituzioni scolastiche», finalizzato ad «agevolare un processo di auto-miglioramento della qualità di apprendimento e della didattica», è la terza priorità. La scuola, oltre ad illustrare il POF alle famiglie, dovrà individuare e rendere noti «obiettivi, priorità e risultati raggiunti». La verifica sarà affidata al sistema di valutazione, il quale provvederà a restituiti alle scuole per le opportune correzioni di rotta. L’Atto non specifica di più, limitandosi ad auspicare che non vengano messi «in atto meri processi sanzionatori» nei confronti delle scuole in difetto. Il “come” è ancora tutto da vedere.

Al quarto posto la digitalizzazione delle infrastrutture delle scuole e della didattica, con la quale «l’amministrazione intende modificare gli ambienti di apprendimento». Il richiamo ad Europa 2020 appare scontato; molto meno come ciò potrà avvenire e, più in generale, la sua effettiva sostenibilità. Se le strade saranno le stesse intraprese per i tablet, le LIM e i registri elettronici, questo punto resterà ancora per molti anni nell’elenco delle priorità. Senza contare poi che c’è un aspetto educativo irrisolto, legato all’ormai fin troppo diffuso luogo comune che vuole la conoscenza ridotta ad informazione. Che l’educazione sia il frutto automatico di una informazione più diffusa è uno dei grandi inganni di questo tempo, che sta già mostrando il suo vero volto nella vita quotidiana di tutti.

Per ridurre il divario ancora esistente tra domanda e offerta di lavoro per le giovani generazioni nelle professioni tecniche l’Atto, molto correttamente, indica «fondamentale potenziare l’istruzione tecnico-professionale e raccordare i sistemi di istruzione, formazione e lavoro, soprattutto rafforzando gli Istituti Tecnici Superiori in una dimensione multi regionale». Il documento, però, non indica quali percorsi intraprendere. Se andiamo a vedere gli atti istruttori dei decreti attuativi delle disposizioni contenute nel DL n. 104/2013 – ad esempio, quello relativo ai percorsi sperimentali in apprendistato – c’è poco da sperare.

Si conferma la strada per la «semplificazione delle procedure» avviata lo scorso anno con le iscrizioni on line; pagato lo scotto dell’inizio (in prima applicazione ci sono stati diversi intoppi), ora sembra funzionare tutto regolarmente. Però, indicare questo come esempio di velocizzazione dell’avvio dell’anno scolastico quando ancora a gennaio si registrano nomine di insegnanti, rettifiche di incarichi e disfunzioni nelle assegnazioni è un po’ farisaico. Perché un anno inizi regolarmente non basta che al suono della prima campanella le classi siano tutte in ordine; se mancano gli insegnanti a non esserci è la scuola.

L’ultima priorità/petizione riguardante la scuola è quella del rafforzamento dell’autonomia scolastica. Ci sembra però del tutto inadeguato allo sviluppo di una vera autonomia dare la lettura enfatica di un “glorioso” passato. Per prima cosa, infatti, non sempre e ovunque l’autonomia si è tradotta in «maggiore flessibilità del servizio scolastico, diversificazione, realizzazione dell’integrazione e miglior utilizzo delle risorse e delle strutture» e tanto meno ha operato «nel rispetto della libertà d’insegnamento, delle scelte educative e formative dei genitori e del diritto di apprendere degli studenti» (per chi vive nella scuola non servono esemplificazioni). In secondo luogo, non ci basta un generico auspicio di rafforzamento dell’autonomia così come sancita dal DPR n. 275/1998, quasi fosse un assioma intoccabile.

Nel complesso si tratta di un documento piuttosto scarno, che dettaglia soltanto percorsi già delineati o avviati, fa generiche dichiarazioni d’intenti ma non introduce novità di rilievo; un formale “atto dovuto”. Non una parola su formazione e reclutamento, che pure sono due delle grandi emergenze del nostro sistema di istruzione. Ma forse è perché di queste cose il ministro Carrozza preferisce parlare solo con i sindacati.