N.27 - Scatto… matto

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Il 18 marzo la Camera ha approvato in via definitiva la conversione in legge del Decreto Legge n. 3/2014, il cosiddetto “decreto salva-scatti”.

Il blocco triennale delle progressioni stipendiali del personale della scuola, introdotto dalla legge n. 122/2010, era terminato a dicembre 2012. Quanti avrebbero dovuto maturare lo scatto di anzianità in quell’anno, hanno percepito gli aumenti stipendiali un anno più tardi nel 2013. Nel frattempo, attingendo dai risparmi dovuti ai tagli del comparto e parte del Fondo per l’Istituzione Scolastica, erano stati recuperati gli scatti del 2010 e 2011; il 2012 restava ancora in sospeso in attesa del via libera alla contrattazione dopo la certificazione da parte del MEF dei risparmi da cui attingere i fondi. A novembre il Governo Letta emanava il DPR n. 122/2013 col quale disponeva – a posteriori – la proroga del blocco degli automatismi stipendiali anche per tutto il 2013, rendendo così di fatto illegittimi gli aumenti percepiti da circa 90mila docenti e ATA. Quando poi a dicembre il MEF con una Nota comunicava che, per effetto della proroga, venivano revocati gli aumenti e disposto il recupero di quanto già percepito nel 2013 (le famose «rate di importo fisso di € 150,00 fino a concorrenza del credito»), scoppiava il putiferio. A gennaio il Presidente Letta cercava di rimediare allo svarione revocando la proroga con il DL n. 3/2014. Il riconoscimento dell’anno 2012 ai fini della progressione stipendiale veniva esplicitamente demandato ad un’apposita sessione negoziale attivata dal MIUR, analoga a quelle utilizzate per gli anni precedenti al 2012, da concludersi «comunque non oltre il 30 giugno 2014»; nel frattempo, non si sarebbe dovuto procedere né alla revoca degli aumenti attribuiti nel corso del 2013, né al recupero delle somme già corrisposte. Per far fronte agli impegni di spesa complessivi, il decreto stabiliva l’accantonamento fino al termine della sessione negoziale di 120 mln di euro, prelevati dal 30% dei risparmi ricavati dai tagli del comparto certificati dal MEF per il 2013; di quella cifra fanno parte «58,1 milioni relativi a somme già corrisposte nell’anno 2013». Il decreto disponeva quindi che «in caso di mancata conclusione entro il 30 giugno 2014 della sessione negoziale», la somma di 120 mln di euro «resta acquisita all’erario». Il DL cancellava anche, ma solo per la scuola, la norma del DPR n. 122/2013 che prorogava il divieto di aumenti di retribuzione del Pubblico Impiego fino al 31 dicembre 2014, autorizzando il MEF «ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

Dopo un iter abbastanza rapido, nonostante il travaglio politico del cambio di Governo dei mesi scorsi, il 18 marzo scorso la Camera dei deputati, ad ampia maggioranza, ha licenziato in via definitiva il testo del DL, approvato dal Senato il 5 marzo. Il Parlamento ha confermato senza introdurre alcuna modifica le disposizioni contenute nell’articolo unico del DL n. 3/2014; è stato soltanto aggiunto l’art. 1-bis relativo alle posizioni economiche del personale ATA, che mette a disposizione la cifra «di 38,87 mln di euro per una specifica sessione negoziale finalizzata al riconoscimento di un emolumento una tantum avente carattere stipendiale»; tale somma sarà prelevata dal fondo della legge 440/97. Anche in questo caso le cifre già corrisposte non verranno recuperate dal MEF.

In definitiva, recuperati gli scatti avvenuti nel 2013 ed evitata la restituzione delle somme già percepite, resta soltanto da avviare la sessione negoziale per il recupero degli scatti del 2012, cercando di concluderla entro i termini stabili. A quel punto rimarrà soltanto il mancato riconoscimento del 2013, il che rallenterà di un anno la progressione economica; almeno fino a quando non si procederà all’attuazione dell’accordo ARAN del 13 marzo 2013 (qui il link).

Fin qui un’operazione di puro “rammendo” su un vestito ormai troppo vecchio per essere ancora rattoppato; non reggerà più al prossimo strappo. Il neo-ministro Giannini ha espresso soddisfazione per l’approvazione del DL: «Con l’approvazione del decreto si è corretto il tiro rispetto ad un errore commesso in passato che rischiava di pesare sulle tasche degli insegnanti». Ma ha anche rilanciato: «Ora dobbiamo lavorare sul futuro… Dobbiamo uscire dalle emergenze continue, progettare una scuola che ridia dignità agli insegnanti, ma che metta al centro soprattutto il diritto dei nostri giovani ad una formazione adeguata per affrontare il futuro». Apprezziamo questa sua intenzione e ricordiamo che da tempo siamo in pista per affermare una diversa concezione della professione docente, che ne riconosca competenze, impegno e merito, ma soprattutto ne valorizzi la capacità di testimoniare alle giovani generazioni che un futuro è possibile. E su questo siamo disposti a lavorare.