N.28 - Tre parole chiave

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Il neo-ministro dell’istruzione Stefania Giannini giovedì scorso al Senato ha presentato le linee programmatiche del proprio dicastero. Tra i “principi essenziali” per un sistema dell’istruzione «moderno ed europeo», ha indicato la valutazione; un tema che, sia prima che dopo la nomina al MIUR e in particolare per quanto riguarda gli insegnanti, è stato spesso al centro dei suoi interventi pubblici. Proprio a partire da quelle dichiarazioni cerchiamo di individuare la road map con la quale il ministro intende declinarlo.

La priorità il Governo Renzi l’ha data agli interventi sull’edilizia scolastica, «perché – spiega il ministro Giannini – un Paese avanzato non può permettersi di mandare i bambini a scuola in condizioni di scarsa sicurezza». Ai 3,5 miliardi di euro stanziati dallo Stato si aggiungono ora le risorse degli Enti locali liberate dal giogo del patto di stabilità interno; saranno utilizzati per interventi su circa 10mila scuole del Paese, alcuni dei quali da avviare già prima dell’estate. Il ministro si è però impegnato ad affrontare, subito dopo, la questione relativa alla condizione professionale ed economica dei docenti, perché «la sfida vera è affermare il principio che gli insegnanti siano una figura fondamentale non solo nella scuola, ma nella società».

Per tratteggiare gli orizzonti entro cui si muove la sua azione politica in materia di scuola, il ministro Giannini ha indicato tre parole-chiave: merito, valutazione e responsabilità; «tre parole ovvie, quando si parla di processi di insegnamento e di apprendimento, …che, tuttavia, non hanno ancora trovato una loro declinazione concreta, nell’impianto della scuola italiana», così come un’altra «ad esse correlata e non meno importante: autonomia». A suo parere, il nostro attuale modello di istruzione è diventato «progressivamente inadeguato alle esigenze della società italiana e alla sua necessaria comparazione (e competizione) con gli altri paesi europei» a causa di decenni di politica scolastica dominati da egualitarismo e centralismo burocratico, garantiti da un rigido controllo ispettivo. Perché il nostro sistema di istruzione diventi realmente inclusivo e competitivo sul piano internazionale è necessario invece che si sposti l’accento sull’autonomia, collegata «ad una seria e rigorosa attività di valutazione». Quindi, una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei singoli istituti scolastici e delle loro reti che, utilizzando «criteri e metodi secondo standard valutativi riconosciuti sul piano internazionale», consenta di costruire percorsi autonomi di valutazione e valorizzazione del merito in modo «trasparente, verificabile e rendicontabile nel dettaglio», tali da consentire alle scuole finanche di «poter scegliere i propri insegnanti».
Il ministro riconosce che gli insegnanti italiani «avrebbero diritto a retribuzioni di livello europeo» e per questo occorrerebbe mettere a disposizione più risorse. Ma bisogna anche trovare strumenti per spenderle «nel modo giusto, valorizzando il merito, l’autonomia degli istituti e cominciando a differenziare le funzioni»; valorizzare, cioè, le migliori professionalità: «quelle degli insegnanti che fanno anche un lavoro di coordinamento, si impegnano di più», quelli capaci di aggiornarsi e rendersi disponibili ad assumere responsabilità, «rispetto a quelli che si limitano al loro dovere».

Come valorizzare le migliori professionalità? Agendo sulla valutazione per riconoscere il merito e adottando criteri premiali nei confronti dei «più capaci, disponibili e impegnati», per superare il modello di carriera basato soltanto sugli scatti di anzianità, simbolo di un sistema statico malato di egualitarismo.
Con quali strumenti recuperare gli insegnanti come figura fondamentale nella società e valorizzare quelli che si impegnano, si aggiornano e sopperiscono alle numerose carenze del sistema? Revisionando «un contratto che è mortificante», privo com’è di meccanismi premiali, e conferendo «più autonomia e responsabilità agli istituti per premiare i molti che fanno un lavoro straordinario che è rimasto in ombra»; ma anche «con sanzioni, se non viene garantito un livello minimo di qualità».
Chi dovrebbe esercitare la funzione di valutazione e giudizio? «I dirigenti scolastici dovrebbero avere l’autonomia per farlo» – sostiene la Giannini – «chi dirige un istituto e deve rendere conto della qualità dei servizi si dovrebbe prendere anche questa responsabilità»; ma ha anche precisato che un ruolo così delicato non può essere affidato soltanto a loro.

Al contrario dei sindacati, che in questo modo vedono sfuggirsi di mano il proprio potere contrattuale basato sulla garanzia minima per tutti, noi condividiamo il senso e le prospettive insite nelle tre parole chiave e nel metodo rappresentato dal principio di un’autonomia completa e sostanziale. Da tempo la nostra Associazione lavora perché venga riconosciuta la professione docente e la libertà di insegnamento, l’autodeterminazione e la libera aggregazione delle istituzioni scolastiche, in un quadro condiviso di regole e rapporti con le istituzioni.
Siamo disponibili, come sempre senza alcun pregiudizio, al confronto per delineare concretamente i percorsi e le modalità di attuazione del rinnovamento con quanti intendano perseguirlo.