N.21- Aspettando i “Colloqui Fiorentini”

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“I Colloqui Fiorentini”, il concorso nazionale rivolto agli studenti della secondaria di II grado che ogni anno coinvolge migliaia di studenti e centinaia di scuole in tutta Italia e nelle varie edizioni hanno sfiorato le 18mila presenze, sono arrivati alla XIV edizione.
Dal 26 al 28 febbraio presso il Palazzo dei Congressi di Firenze si ritroveranno gli studenti e i docenti che hanno lavorato su Umberto Saba, l’autore del ‘900 scelto quest’anno dal Comitato Didattico della manifestazione (qui il comunicato stampa). Ne abbiamo parlato col prof. Pietro Baroni, presidente dei Colloqui e membro del Direttivo nazionale di Diesse.

Professor Baroni, Umberto Saba è un autore se non insolito sicuramente difficile e non molto amato. Com’è avvenuta questa scelta per i Colloqui, in un certo senso rischiosa?

Come già successo per D’Annunzio, quando ci siamo trovati quest’anno a scegliere l’autore della XIV edizione dei Colloqui Fiorentini mi sono trovato di fronte ad un nome, Umberto Saba, che mi disorientava un po’. Lo scrittore pescarese generava in me un giudizio negativo, mentre il poeta triestino semplicemente mi trovava molto ignorante. Ma il grande fattore che ha fatto la differenza è stata la compagnia del Comitato Didattico nato e cresciuto in questi anni. Una trentina di docenti da ogni parte d’Italia, che hanno cominciato a stimarsi, ricercarsi, confrontarsi, aiutarsi e condividere l’avventura dei Colloqui.
Chi prima partecipava al convegno semplicemente portando i propri studenti, pian piano ha cominciato a desiderare di andare più a fondo, in un’amicizia e, senza soluzione di continuità, in una maggiore serietà rispetto al proprio lavoro di insegnante. E così oggi fare i Colloqui non può più prescindere da questa amicizia e da questa comunione operativa.

In concreto, qual è stato il passaggio che ha determinato il superamento delle perplessità e la paura di rischiare un “flop” nelle partecipazioni? Come hanno reagito gli studenti e i loro docenti?

La nostra preoccupazione non era tanto alla possibilità di un “flop” dal punto di vista del numero dei partecipanti (anche se un pensiero in questo senso lo facciamo sempre, perché vogliamo sempre raggiungere più persone possibili). La preoccupazione era di dedicare un anno intero ad un autore che rischiasse di non darci niente in termini di ampliamento della nostra umanità. Di fronte alla scelta di un autore che ci lasciava perplessi, l’intervento che noi tutti abbiamo sentito decisivo è stato quello di Pia Carolla di Albano Laziale, quando disse: «Io con voi sento di poter affrontare qualsiasi autore». Questo per noi è stato un punto di ripartenza, come un punto zero, cui sempre tornare a guardare. Perché non è più il contenuto di studio che determina la riuscita o meno di una proposta, ma il soggetto nuovo che è nato con il comitato, che può affrontare qualsiasi autore, certo della possibilità di un guadagno per sé e per i propri studenti.
E così anche il lavoro ed il cammino con Umberto Saba è stata una strada percorribile e bellissima, che ci ha portato alla scoperta di un grandissimo poeta del novecento, alla scoperta di un’umanità sorprendente, dolente, ma misteriosamente positiva. Ed è stato un percorso molto intenso per noi e per i nostri studenti.
Ma soprattutto l’occasione di vivere un modo nuovo di concepire l’insegnamento. Tanti di noi hanno cominciato a studiare insieme, trovandosi periodicamente per leggere insieme le poesie di Saba, commentarle, discutere, rilanciare. E tanti ci hanno raccontato di come sia bello questo modo di lavorare: insieme. Perché non è vero che l’unione non fa la forza, ma la scoperta è che la comunione fa la conoscenza. Cioè quello che si scopre insieme è di un altro livello rispetto a quanto si capisce da soli.

I Colloqui sono anche una de “Le Botteghe dell’Insegnare” di Diesse. Cosa significa portare questo lavoro, così specifico, dentro la quotidianità dell’insegnamento della letteratura italiana?

La Bottega "Italiano: incontro con l'autore", che alla Convention di Bologna ha iniziato i suoi lavori, e che è finalizzata al convegno dei Colloqui, è stata l’inizio di un cammino che ha visto tante tappe durante tutto l’anno in tante città d’Italia. Ho partecipato personalmente a molti di questi incontri ed ho visto realtà di docenti che si sono messi in gioco in prima persona, scommettendo sull’esperienza dei Colloqui, coinvolgendo colleghi, dirigenti scolastici, altri istituti. Ho visto l’attesa di un evento, che era già un evento in sé. Centinaia di studenti che avevano preparato l’incontro nei minimi particolari, con video introduttivi, recita di poesie, accompagnamenti musicali. Ho visto l’attenzione e la cura del dettaglio propria di chi avverte il valore di quello che sta facendo e lo fa con amore e trepidazione. E tutto questo da parte di studenti dai quattordici ai diciannove anni.

Ma che cosa accade in docenti e studenti che si muovono così?

Un’insegnante lo scorso anno ci disse: «Grazie ai Colloqui mi sono riscoperta come insegnante professionista e come donna». Ecco, credo che sia questo il fattore decisivo: la possibilità intravista di vivere il proprio lavoro come scoperta di se stessi; la possibilità che si ricrei quella unità della propria persona, per cui lavoro e vita non siano più rette divergenti, ma convergano alla realizzazione di se stessi e del proprio destino.