N.25 - È questa la “Scuola Buona” vissuta e praticata

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Proseguiamo la nostra raccolta di testimonianze di “Scuola Buona” vissuta e praticata, che esiste e costruisce con fatica e dedizione i rapporti educativi nella “scuola che c’è”, senza la pretesa di imporli a nessuno, ma offrendoli alla condivisione di tutti.

Nel mio istituto in quest’anno scolastico si è manifestata una seria difficoltà di rapporto con il dirigente scolastico, legata anche al fatto che negli ultimi quattro anni la scuola ha avuto un calo degli studenti da 1500 a 950, con una riduzione di 10 classi, ed altre 5 in meno sono previste per l’anno prossimo. Questi dati hanno generato un turbamento grande tra i docenti e si è ravvisata la necessità di parlare della situazione, in vista anche di un Collegio Docenti in cui tale problematica è messa all’OdG. Fissato per il 23 febbraio.
Nel frattempo mi ero trovata a mia insaputa inserita in un gruppo di WhatsApp che raccoglie insegnanti assolutamente eterogenei tra loro, per formazione, ideologia, convinzioni ed approccio educativo, addirittura nemici in alcuni momenti di scontro ideologico. Qui si comincia a dibattere sulle ragioni che possono aver indotto gli alunni a chiedere i nullaosta, ai nuovi alunni di indirizzarsi ad altri istituti e sulla possibilità di rimediare in qualche modo, e nelle conversazioni si susseguono le analisi sociologiche, le attribuzioni di colpe al dirigente, alla dirigenza tutta, ad alcuni colleghi particolarmente disumani, eccetera...

In quei giorni, in preparazione al Consiglio Nazionale di Diesse, io sto leggendo il testo dell’intervento di Costantino Esposito alla convention dell’ottobre scorso, e sono colpita da alcune affermazioni e da alcuni giudizi che si impongono alla mia attenzione: libertà nella sfida della realtà, un pensiero che è una via per capire l’esperienza, che indica un metodo… e comincio a interrogarmi sul mio metodo di insegnamento, sulla mia proposta educativa.
Ma questo non basta. Esposito, parlando delle Botteghe, afferma che dal lavoro emergeva un’indicazione di metodo per vivere il reale: un rapporto con se stessi, con gli alunni, con i colleghi, con il mondo all’interno del quale si rende possibile la scoperta. La realtà accade, è già rapporto di per sé. Rapporto che investe anche i colleghi, anche quelli che non sono in immediata sintonia, anche quelli del gruppo di WhatsApp

I fatti di Parigi poi mi hanno fatto molto riflettere sul ruolo importante che ognuno, nel piccolo dei suoi rapporti quotidiani, può svolgere nel pezzetto di realtà che gli è data da vivere; e allora, invece di bypassare le battute del gruppo e le barzellette, comincio a postare commenti su come da questo gruppetto possa ripartire una riscossa dentro un rapporto fatto di accettazione dell’altro e di condivisione del proprio quotidiano scolastico. Questo suscita un grande interesse, fino alla proposta, come riscossa dai nostri problemi scolastici, di ripartire dalla stima del nostro lavoro, della nostra professionalità (così annientata dall’immaginario collettivo dei media), per confrontarci sulla nostra idea di Bellezza nella scuola («Bellezza non è un valore estetico, perché è l’ordine delle cose, la loro forma, il fatto che le cose hanno un ritmo, sono sensate, la bellezza ha a che fare con il significato», Costantino Esposito).

Immediata la reazione positiva e lo scatto di tutti i colleghi: devi dire queste cose al Collegio Docenti.
E così faccio. In modo sofferto riesco a dire al dirigente che noi vogliamo ripartire da queste considerazioni, ma abbiamo bisogno che anche lui riveda la disistima che percepiamo da parte sua e che ci rimettiamo al lavoro insieme, colmando la distanza che abbiamo frapposto e proponendo un progetto condiviso, perché la nostra scuola ritorni “Bella”.
Altri interventi si sono succeduti, alcuni molto forti e di rottura, altri più accomodanti. Il dirigente non dice assolutamente nulla!! Al termine del Collegio molti mi dicono che la condivisione di quanto ho proposto è l’unica soluzione praticabile e molti mi dicono che si è sentito che “ho parlato col cuore”… Vado a casa con il cuore piccolo e insieme con una sensazione di disagio rispetto ad alcuni interventi di altri che mi sono sembrati attacchi eccessivi e lesivi del rispetto della persona.

Arrivata a casa trovo la newsletter di Diesse con l’intervento di Bernhard Scholz, “La scuola di cui abbiamo bisogno”, e leggo tutto d’un fiato perché è una risposta chiara alla domanda di senso di quanto era accaduto a scuola. Rifletto molto, poi decido di inviarlo ai miei colleghi del gruppo di WhatsApp e a quelli che erano intervenuti al Collegio o che avevano condiviso la mia posizione, in fondo cosa devo difendere? Io sono quella che desidera una scuola così!!!
La risposta è incredibile: tanti ringraziamenti per mail e tanti l’indomani a scuola… Vogliamo ripartire leggendo insieme questo documento perché la prospettiva che ne emerge è interessante e condivisibile da tutti, e provare da qui a proporre un progetto di Scuola Buona per i nostri alunni, ma soprattutto per noi!

Paola