N.17 - Quando lo spazio d'incontro tra alunni di culture diverse si chiama Presepe

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L’esperienza della scuola secondaria di primo grado di Cingoli (MC)

Per dialogare, occorre parlare, dire qualcosa.
Altrimenti, semplicemente, il dialogo non c’è.
Per incontrarsi, necessariamente, bisogna ‘essere’, esistere, presentarsi.
Altrimenti, semplicemente, l’incontro non c’è.

È la stessa dinamica di un rapporto di coppia: se uno dei due partner nega se stesso, si annienta, si sottrae, semplicemente inficia la possibilità di incontro con l’altro.
Analogamente, il pittore che mescoli il colore giallo al blu ottiene il verde, solo se giallo e blu sono tali: se uno dei due colori fosse sbiadito fino alla trasparenza, non ci sarebbe combinazione.
Ogni integrazione, insomma, quando sia autentica, non si dà mai per sottrazione, per annichilimento, ma, al contrario, per ‘addizione’, aggiunta, e dunque scambio e arricchimento.
E talora può anche succedere che offrendo il meglio di sé all’altro, si incontri qualcosa, in lui, perfettamente in sintonia con il proprio, inaspettatamente quasi coincidente.

È quel che è successo agli alunni, musulmani e cristiani, delle tre classi del corso D della Scuola secondaria di primo grado di Cingoli che quest’anno, per Natale, insieme ai loro insegnanti, hanno organizzato un suggestivo Presepe vivente per le vie del centro storico della cittadina.

No, la nostra storia, l’arte, la letteratura, la filosofia, la lingua, il calendario, la scansione settimanale, la musica, la gastronomia, la cultura tutta – e dunque la scuola! – non possono prescindere dal fatto cristiano, «la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta» (B. Croce), indipendentemente dal credo religioso. Su questo, è davvero superfluo argomentare.

Ed infatti gli insegnanti della scuola media di Cingoli non hanno esitato a proporre il presepe vivente ai loro alunni, pur sapendo che moltissimi fra tra loro sono di religione musulmana. Anzi, forse ‘proprio’ sapendo questo: si può certo non credere, infatti, ma non si può non conoscere, se non si vuole un completo analfabetismo culturale. Come non si può non ‘essere’, se ci si vuole davvero incontrare.

In realtà, purtroppo, molti insegnanti, rilevava già diversi anni fa Asmae Dachan, giornalista musulmana, a proposito del Natale, «hanno deciso di eliminare il presepe dalla scuola, sostituendolo con dei personaggi delle favole, e di togliere la parola ‘Gesù’ dalle canzoncine di fine anno sostituendola con la parola ‘virtù’. Se troviamo ridicolo», proseguiva la giornalista, a nome della comunità musulmana, «per non dire assurdo che Cappuccetto Rosso o chi per lei sostituisca i personaggi classici delle rappresentazioni natalizie, ci sembra ancora più assurdo che qualcuno creda che un’espressione di una religiosità tradizionale possa offendere qualcuno. Logico che poi la prima reazione di fronte a un genitore di fede diversa che esprima il disagio per un presepe è di dire “a casa mia faccio quel che mi pare, se non vi va bene tornate al vostro paese”. Peccato che ci si dimentichi di un particolare importante: per i musulmani, Gesù rappresenta un Profeta, uno dei cinque più importanti insieme a Mosè, Abramo, Noè e Muhammad». E anche che, prosegue Wael Farouq, egiziano, ordinario di lingua araba all’Università del Cairo, «la nascita di Gesù è un miracolo divino riconosciuto dai musulmani […] anche per noi è un momento sacro nella storia dell’uomo. In quanto musulmani, riconosciamo la particolarità di Gesù e il miracolo della sua nascita. Per i musulmani il presepe non è affatto offensivo, anzi è un omaggio a qualcosa che riconosciamo noi stessi».

Insomma, sembra chiaro: quello degli “insegnanti autocensurantisi per rispetto” appare un’ipocrisia. O peggio, una sorta di alibi per poter finalmente sbaraccar via qualcosa della nostra cultura, accusando poi “gli invasori musulmani” che ce l’avrebbero usurpata. Meglio sarebbe prenderne coscienza e ammetterlo onestamente, senza scaricare la colpa su altri: troppe volte, è a noi, non ai musulmani, che il Bimbo di Betlemme impiccia!

Il presepe, peraltro, come affermato dal Presidente della Repubblica pochi giorni or sono, all’inaugurazione della mostra “Presepi d’Italia” al Quirinale, «trasmette un messaggio di pace e di fraternità universale e proprio la profondità e l'universalità del significato del Natale hanno reso i suoi simboli dialoganti con le coscienze, con le fedi, con le culture, con le tradizioni popolari».

Ed è stata più o meno questa, in effetti, l’esperienza che hanno vissuto gli alunni della scuola media di Cingoli, nella preparazione del Presepe: ragazzi di diversa provenienza nazionale e soprattutto di differente cultura religiosa si sono tutti profondamente incontrati intorno ad una storia, quella del Natale, che comunque rappresenta i più alti e universali valori di pace, fraternità, umiltà e amore. In particolare, la storia della Natività ha costituito concretamente un positivo comune terreno di incontro tra alunni di cultura cristiana e musulmana (come già chiarito, la storia del Natale è raccontata anche nel Corano): in questo senso, il Presepe è stato anche una sorta di “collante” tra i ragazzi, un modo per scoprire “ciò che unisce”, qualcosa che avvicina e congiunge le due più importanti tradizioni culturali presenti a scuola, mettendole in dialogo fra loro.

A questo proposito, alcune piccole curiosità che però raccontano qualcosa del clima, venutosi a creare a scuola: la Madonna, nella scena centrale dell’Annunciazione, è stata interpretata da una entusiasta alunna slava, di religione islamica, i cui genitori sono apparsi ancor più soddisfatti di lei per il ruolo di rilievo ricoperto dalla figlia, così come di religione islamica è l’alunno tunisino che si è occupato della grafica della locandina e della pubblicizzazione dell’evento. Musulmani (dal Montenegro e dalla Nigeria) due dei tre Magi; musulmani, dal Marocco e dalla Tunisia, falegnami, vasai e pastorelli vari che, con il prezioso supporto delle famiglie hanno aiutato in maniera determinante per l’allestimento delle varie postazioni del Presepe.

Infine, alcuni commenti, tratti dai temi degli alunni di religione islamica: «Mi è tanto piaciuto, perché, finalmente, ho conosciuto qualcosa in più della religione dei miei compagni di classe» (A.I., Nigeria); «Il presepe vivente è stato fantastico: lavoravamo tutti insieme su una storia che parla di amore e allora pure noi ci volevamo più bene» (A.B., Marocco); «Quando, dopo Bataclan, ho sentito che tanti in TV urlavano ‘Via i musulmani da qui!’, io ho scritto sul gruppo dei compagni di classe di WhatsApp che avevo paura che anche loro non mi volessero più bene. Facendo il presepe vivente, abbiamo scoperto invece che abbiamo tante cose belle in comune, nelle nostre diverse culture» (S.Y. Montenegro); «Spero che lo rifacciamo anche l’anno prossimo!» (Y.B., Tunisia).

Patrizia Marchegiani
(insegnante di Lettere nella scuola secondaria di I grado di Cingoli)