N.26 - Per il ridestarsi dell’umano nella scuola

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Una domenica mattina a Milano insegnanti giunti da diverse regioni e nazioni si incontrano per rimettere a tema il compito dell’insegnante nell’attuale contesto sociale. Il resoconto della proposta di lavoro per aiutarci a capire quale contributo ci è chiesto e come possiamo realizzarlo.


In questi anni di cammino insieme non è stata la prima volta che, con gli amici della Bottega di Religione di Diesse, si è affrontata la questione della natura e dello scopo del nostro insegnamento. La provocazione praticamente costante di articoli giornalistici e campagne mediatiche, i pronunciamenti ecclesiali e ministeriali in materia, i giudizi contrastanti sullo statuto “epistemologico” dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) e sul suo ruolo nell’ordinamento scolastico italiano, i dati annuali sulle percentuali di studenti che si avvalgono dell’IRC - sempre molto alte ma in diminuzione - e uno status giuridico mai pienamente definito, ci fanno sentire come insegnanti sempre un po’ “sotto esame”. Tuttavia, fin dall’inizio abbiamo giudicato questa condizione come una risorsa più che come un limite, perché non ci lascia mai tranquilli e ci costringe a ricercare insieme le ragioni del nostro lavoro.

Ultimamente questa intensa attività di revisione ha ricevuto uno slancio inatteso ed entusiasmante da due fatti per noi fondamentali. Per primo l’incontro con Josè Miguel Garcìa (docente presso l’Università San Dámaso di Madrid) che ha accettato la nostra richiesta di aiuto, inizialmente come esperto biblista, ma oggi come guida paterna in un discernimento che abbraccia tutte le dimensioni della nostra esperienza di insegnanti. In secondo luogo, il contributo fondamentale di Julián Carrón nell’incontro dell’11 ottobre scorso a Bologna durante la Convention di Diesse (Insegnare oggi. Nuovi contesti e nuove sfide). Date queste premesse, ci è sembrato quasi naturale convocarci per dialogare con Garcìa e farci aiutare, in un paragone con il testo di J. Carrón, ad entrare nello specifico della nostra disciplina con il desiderio che ciò potesse costituire anche uno spunto per tutti gli altri amici insegnanti che seguono la vita delle Botteghe. Per questo motivo su proposta di Tino Giardina, presente all’incontro nella doppia veste di Presidente di Diesse e di insegnante di religione cattolica, abbiamo pensato di allargare l’invito a tutti gli altri responsabili delle Botteghe e a chiunque ne facesse richiesta.

In estrema sintesi, dalle due ore di assemblea ricca di interventi, sono emersi i seguenti punti che costituiscono traccia per un futuro lavoro comune:

  1. La prima ragione di presenza dell’insegnamento della religione nella scuola sta nel permettere e favorire l’esperienza religiosa degli studenti cioè la possibilità che questi possano arrivare alla consapevolezza, graduale e progressiva a seconda della loro età, che l’umano trova la sua consistenza proprio nel rapporto con il Mistero. Questo può essere realizzato a scuola nel paragone del cuore degli studenti con la realtà, reso possibile dall’insegnante che vive questo lavoro per sé. Perseguendo questo scopo “specifico”, l’insegnamento della religione concorre allo scopo ultimo della scuola che è «trasmettere alle nuove generazioni la ricchezza accumulata da un popolo» (cfr. Insegnare oggi. Nuovi contesti e nuove sfide, pag. 8).
  2. L’insegnamento della religione, essendo una disciplina scolastica, ha anche lo scopo di comunicare dei contenuti e, in particolar modo, quelli dell’esperienza storica ed ecclesiale del cristianesimo. Se l’IRC venisse meno a questo compito, nell’attuale contesto sarebbe molto difficile per le giovani generazioni venire a conoscenza delle implicazioni culturali del fatto cristiano. Il problema è come questi contenuti vengono comunicati; non sarà attraverso una trasmissione formale, ma attraverso la testimonianza del docente stesso: «la trasmissione di un contenuto si identifica con un’esperienza che la persona vive» (cfr. Insegnare oggi. Nuovi contesti e nuove sfide, pag. 13). In questo senso, l’insegnante di religione rappresenta la contemporaneità di Gesù per lo studente, che può così paragonarsi con la provocazione che l’avvenimento cristiano porta alla sua vita.
  3. La forza della proposta educativa in una scuola non sta nella genialità del singolo docente o nel suo temperamento più o meno coinvolgente, ma nella unità con gli altri docenti. Solo una unità vissuta tra i docenti può generare un luogo educativo reale dove gli studenti possono sentirsi accolti e appartenere per crescere. Questo significa anche che l’insegnante di religione deve cercare un rapporto con gli altri docenti e favorire il dialogo.
  4. Nell’attuale contesto di confusione educativa, caratterizzata dalla precarietà delle figure adulte di riferimento per la crescita dei giovani e dalla crescente disgregazione o assenza delle famiglie, l’insegnante è chiamato ad andare oltre l’ambito scolastico, proponendosi ai ragazzi e anche condividendo con loro più tempo al di fuori della scuola.
Al termine dell’incontro ai partecipanti è stato evidente che era accaduto, nello spazio delle ore passate insieme, ciò che a Bologna ci era stato suggerito e indicato per la vita delle associazioni: «Tutto questo cammino insieme non può che essere proficuo per ciascuno. In questo contesto, il lavoro delle associazioni è prezioso; vi prego di non ridurle solo al livello della rappresentanza, ma di farne luoghi di vera compagnia, di risposta ai problemi reali, dove costantemente si verificano i tentativi che si fanno in una condivisione e in un sostegno reciproco, per poter collaborare sempre di più in questa avventura affascinante che è trasmettere un gusto del vivere ai nostri ragazzi» (Insegnare oggi. Nuovi contesti e nuove sfide, pp. 15-16).