N.27 - La scommessa della valorizzazione del merito - una costruzione condivisa

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La proposta di Diesse-Disal di un sistema di indicatori e descrittori utili alla definizione dei criteri per l’assegnazione del bonus annuale ha messo in moto diversi docenti in varie parti del Paese, con un desiderio sempre più esplicito e deciso di prendere sul serio la propria professione anche su aspetti come questi, attraverso un lavoro assieme sul particolare come modalità di confronto e costruzione comune.

La questione della valorizzazione del merito dei docenti legata all’assegnazione del bonus, e dunque dei criteri stabiliti dal nuovo comitato di valutazione novellato dalla Legge 107, sta infiammando i neocostituiti comitati. Tra le molte e svariate domande, emerge il desiderio di prendere sul serio una questione che, anche per i tempi di avvio della riforma, risulta non poco spinosa.

Anche a Palermo, l’11 marzo, alcuni insegnanti e dirigenti hanno dato credito a questo desiderio e si sono incontrati per ragionare sulla proposta di Diesse e Disal. È stato un confronto serio e, nonostante la tentazione di cadere nello sfogo verso un sistema che presenta molte – a volte troppe – contraddizioni, si è lavorato ragionando su molti aspetti interessanti. Innanzi tutto emerge chiaramente che non si tratta di valutazione dei docenti, ma di bonus e dei criteri che ne devono orientare l’assegnazione da parte del dirigente scolastico con lo scopo di valorizzare il merito. Questo significa ragionare su “chi è un buon insegnante”, ossia su come valorizzare chi ha realmente sostenuto la scuola nel suo scopo che è quello di insegnare. La riflessione comune tra insegnanti e dirigenti è una oggettiva opportunità che segna una novità culturale da non disperdere.

Chi è un buon insegnante e cos’è una ‘buona scuola’? Lo strumento di Diesse e Disal è stato giudicato utile, poiché ricco di indicatori che tentano di declinare i tre macro-criteri (disaggregabili in otto) individuati dal comma 129 della legge 107, ma subito è stato a tutti evidente come ogni realtà scolastica deve trovare i suoi criteri. Se, infatti, si fa riferimento all’innovazione, è chiaro che – posto che innovazione è ‘ciò che funziona’ – il punto di riferimento è la realtà specifica di una scuola. Altro aspetto di contesto è il numero dei docenti. Ad esempio, alcune scuole con un corpo docenti numeroso potrebbero avvalersi di una forma di autovalutazione da parte dell’insegnante che può attribuirsi un punteggio e comprendere se per quell’anno o meno potrebbe aspirare al bonus. Questa soluzione avrebbe il doppio vantaggio, dal punto di vista dei DS, di snellire il lavoro della valutazione e di coinvolgere la responsabilità dell’insegnante, riducendo l’entità dei probabili contenziosi.

Anche il paragone con gli altri documenti a disposizione, frutto del precedente confronto che il recente convegno Disal ha offerto sul tema, ha confermato la necessità che ogni scuola ragioni sulla base della propria realtà specifica.

La difficoltà più grande è parsa a tutti quella della documentazione di fatti che normalmente gli insegnanti non sono abituati a documentare. Ad esempio relazionare su attività come gite o progetti, entrando fin nel dettaglio del come si sono svolti e dei risultati ottenuti in correlazione a quel ‘come’. Questa imprescindibilità della documentazione che i dirigenti, per parte loro, necessitano, suona come un appesantimento per l’insegnante che la percepisce come aggravio burocratico. Altra questione emersa è stata quella della misurabilità di alcuni indicatori, soprattutto quelli legati ai risultati degli alunni. Il pericolo è che l’individuazione, ad esempio, di bande di punti percentuali di miglioramento delle medie degli alunni possa indurre a miglioramenti falsati e strumentali. Documentazione e misurabilità sono emersi tuttavia come aspetti necessari.

Ma lo scopo dell’incontro non era quello di dare soluzioni o di chiudere un lavoro. Anzi, proprio perché ogni scuola dovrà pensare i propri criteri tenendo conto della sua realtà, la proposta di farsi compagnia in questo lavoro è stata l’aspetto più corrispondente al bisogno e, nel contempo, la vera novità che ha accattivato chi è intervenuto. Non uno scambio occasionale di informazioni ‘giuste’, ma un lavoro insieme come ‘in bottega’, in cui anche una novità apparentemente ostile può essere una occasione feconda di affondo sul valore della propria vocazione educativa. Novità nella novità, poi, è farlo dirigenti e insegnanti insieme.