N.29 - Si va al concorso

2015_2016_29-si-va-al-concorso.pdf103 KB

La vicenda del nuovo concorso a cattedre ha appena concluso (forse…) la sua parte iniziale, quella che ha visto compiersi, in modo più o meno regolare, la fase delle domande di iscrizione. Non è stato un periodo semplice per nessuno dei tanti precari abilitati, sia quelli col “salvagente” delle GaE, che hanno dovuto decidere se partecipare o no al concorso per avere una chance in più, sia per quelli più giovani, che sono fuori GaE, per i quali non c’è stata possibilità di opzione. Tutti hanno dovuto fare i conti con un sistema farraginoso (anche se “elettronico”), con indicazioni scarse e contraddittorie, con spiegazioni tardive e sibilline, un numero verde perennemente “occupato” e i soliti “inceppamenti” finali del sistema.

I numeri forniti dal ministero mostrano solo un quadro sfocato: quasi 166mila domande accolte dal sistema, l’85,2% inoltrato da donne, l’età media di 38,6 anni (sono tanti per una scuola già “vecchia”…). Da quei dati non si leggono certo le storie personali, le motivazioni, le fatiche, le aspettative, le paure, le speranze. Si è scritto molto in questi giorni, sia sulle regole di ammissione che sulla bontà o meno di un maxi-concorso come questo. Si continua a scrivere sulla disinvoltura dei sindacati che, applicando una discutibile “soggettività” del diritto, non hanno perso l’occasione per impiantare ricorsi, e sull’ingerenza della magistratura, che continua a “riformare” nei fatti le leggi votate dal parlamento, contribuendo ad allargare la platea della sfiducia sulla certezza della norma.
Un terreno di sabbie mobili nel quale tantissimi stanno continuando a prepararsi per il concorso; spesso soli o in piccole aggregazioni amicali; magari seguendo corsi più o meno adeguati; con la speranza di aver azzeccato la strada giusta. Noi possiamo fare poco, purtroppo, ma quel poco lo mettiamo a disposizione di tutti nel nostro sito: con indicazioni, riferimenti normativi e risposte a quesiti. In più vogliamo offrire lo spazio di una compagnia, perché la solitudine peggiora le difficoltà e rende labile la speranza. Il nostro “punto della settimana” diventa allora questo spazio di condivisione di esperienze come quella che segue, inviataci da una giovane insegnante alle prese con il concorso.

Homo homini lupus. Con una metafora simile a questa, l’opinione pubblica spesso dipinge i rapporti che intercorrono tra i docenti, soprattutto precari. Sembra che questi conflitti si acuiscano soprattutto in momenti cruciali della carriera docente, come ad esempio negli inserimenti in graduatoria o nelle fasi pre-concorsuali. All’interno della complessa e articolata compagine del sistema legislativo della scuola italiana, il concorso a cattedre è un’opportunità professionale molto importante. Bisogna rimboccarsi le maniche: conciliare studio, lavoro e vita familiare è un’impresa ardua. Ma prima di tutto bisogna iscriversi. Le indicazioni sono contenute nel bando, ma non sempre tutto è chiaro e di immediata comprensione. Allora, nascono domande e quesiti che esigono riposte concrete. E le risposte arrivano, anche dalle persone più inaspettate. Dentro la faticosa operazione dell’iscrizione, capita di incontrare persone che sono disposte ad aiutarti e a fare una parte del percorso insieme a te. Nessuno si sostituisce a te, ma c’è sempre qualcuno che ti accompagna e ti sostiene. È quanto mi è accaduto in quest’ultimo mese dopo l’emanazione del bando del concorso a cattedre. Queste persone hanno dei nomi e dei volti precisi e sono tutti accomunati dall’esperienza in Diesse, in virtù della quale, gratuitamente, modalità per nulla scontata in questi tempi così angusti, mettono a disposizione la propria professionalità fornendo schede e strumenti utili anche per la preparazione al concorso.

Prepararsi allo svolgimento della prova scritta non è solo uno sforzo titanico, ma costituisce la possibilità di approfondire secondo nuove prospettive i contenuti delle discipline oggetto di insegnamento: l’opera letteraria per diversi poeti e i prosatori del Novecento diviene uno strumento con il quale poter trovare una risposta alle domande sul senso dell’esistenza e dalla vita. Questa scoperta è avvenuta e avviene insieme ad un’amica, che incontrata sotto i portici di via Zamboni a Bologna, dopo molti anni nei quali non ci si è più frequentate, ha deciso di percorrere insieme a me questa avventura. Ma non solo. La preparazione al concorso contribuisce ad incrementare il rapporto con le colleghe di scuola, con le quali a partire da esperienze didattiche sperimentate nelle ore di insegnamento si sono iniziati a progettare dei percorsi per gli studenti della scuola secondaria di I grado sulla paraletteratura. La condivisione delle esperienze didattiche avviene ad ampio raggio, anche con le colleghe che si sono incontrate durante il TFA e che ora vivono a 200 Km di distanza dal luogo nel quale vivo e lavoro.

Affrontare il concorso a cattedre diviene così non solo l’ennesimo dazio da pagare e scontare per il raggiungimento di una stabilità lavorativa attraverso la professione che si è deciso di intraprendere, ma anche un momento essenziale per la propria crescita umana e professionale. Le fatiche, le difficoltà e le paure non vengono né eluse, né eliminate ma possono essere affrontate con uno sguardo più umano e costruttivo.